“La corruzione minaccia la democrazia”: lo ha ribadito la Conferenza episcopale del Benin (Ceb) che, il 18 febbraio scorso, ha organizzato un dibattito pubblico dedicato alla “necessità di lottare contro la corruzione elettorale ed i suoi misfatti”. Il prossimo 28 febbraio, infatti, il Paese è chiamato alle urne per votare il nuovo presidente che dovrà sostituire l’attuale capo di Stato Thomas Yayi Boni, non più rieleggibile dopo due mandati consecutivi di cinque anni l’uno.
Sistema corrotto danneggia la pace
“Il contesto nazionale – hanno affermato i presuli
del Benin – è segnato da una corruzione talmente vasta che la Chiesa cattolica ha
avvertito la necessità di lanciare l’allarme”, proprio per evitare che “la pace sia
fortemente minacciata” da un sistema corrotto. All’incontro della Ceb hanno preso
parte un centinaio di partecipanti provenienti da tutto il Paese ed appartenenti a
confessioni religiose diverse. Tra i presenti, anche mons. Antoine Ganye, arcivescovo
di Cotonou e presidente della Ceb, è a lui che è stato chiesto di indirizzare una
lettera aperta al presidente Boni per chiedergli di fare tutto il possibile per porre
fine alla corruzione.
Predominio del denaro, primo flagello sociale e politico
La Conferenza episcopale ha inoltre richiamato la
necessità di un maggior coinvolgimento delle organizzazioni della società civile nella
formazione dei funzionari elettorali. Da ricordare che già all’inizio di febbraio
la Ceb aveva diffuso un lettera pastorale dedicata alla lotta contro la corruzione
intitolata: “Sotto lo sguardo di Dio”. La missiva esortava i fedeli a combattere contro
questo “male sociale”, così come contro l’egocentrismo; il predominio del denaro,
primo flagello sociale e politico; il potere percepito come avidità e autoritarismo.
Dai presuli arrivava, infine, l’invito alla conversione ed al perdono all’interno
del Paese. (I.P.)
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