2016-02-18 11:46:00

Cinema. A Berlino la Lampedusa dei migranti in "Fuocoammare"


Esce oggi nei cinema, dopo la presentazione in concorso alla 66.ma Berlinale, “Fuocoammare”, documentario firmato dal regista Leone d'Oro, Gianfranco Rosi, che per un anno si è trasferito a Lampedusa per realizzare un film toccante e rigoroso sull'isola, terra di approdo dall'umanità in fuga da guerra e povertà. Il servizio di Miriam Mauti:

“Your position!”

“……”

“Ok, so, save your battery. I will call you back!”.

I messaggi d'aiuto, le immagini dei trasbordi in mare, quelle dei corpi delle vittime. C'è anche questo in “Fuocoammare”, il film - amatissimo dalla stampa internazionale al Festival di Berlino - con il quale Gianfranco Rosi, già vincitore del Leone d'Oro a Venezia con “Sacro Gra”, ci racconta Lampedusa. Rosi affronta la questione scegliendo un punto di vista privilegiato: l'isola appunto, dove si è trasferito per un anno. Con la scommessa di raccontarla in tutte le sue vite, come ci spiega:

“La difficoltà era esattamente questa: rompere i codici, rompere il conosciuto. E soprattutto il motivo per cui Lampedusa è diventata conosciuta in questi ultimi dieci anni, probabilmente, anche se a Lampedusa tutto questo va avanti da forse più di vent’anni… Quindi, la cosa più difficile è stata proprio vivere nel posto per un anno, farmi accettare come uno che stava raccontando l’isola, però che voleva raccontarla non soltanto dal punto di vista dei migranti, ma anche della sua identità”.

E così, accanto ai volti dei migranti, ci sono quelli del piccolo Samuele, figlio di pescatori, alle prese con la quotidianità di un bambino, tra scuola e giochi tra gli alberi. C'è la radio locale, c'è il medico, Pietro Bartòlo, figura straordinaria, diviso tra la routine di medico della Asl e i recuperi in mare, il cui racconto emozionante non lascia lo spettatore neanche dopo la visione del film, come spiega ancora Gianfranco Rosi:

“Le sue parole ci portano poi piano piano a confrontarci con quello che poi è il momento più duro del film: io credo che sia una specie di Caronte, qualcuno che ci accompagna nel momento più duro del film”.








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