2016-02-12 14:06:00

Siria: opposizioni contestano accordo per il cessate il fuoco


Le opposizioni siriane in esilio rifiutano con forza l’accordo per un cessate il fuoco entro una settimana in Siria, raggiunto nella notte a Monaco di Baviera dalle delegazioni di 17 Stati. Tuttavia Mosca continua ad auspicare una messa in pratica a breve dell’intesa e nel pomeriggio le Nazioni Unite riuniranno una task force che metterà a punto un intervento umanitario. Intanto, secondo fonti locali, proseguono intensi raid aerei russi su Aleppo mentre un rapporto indipendente aggiorna drammaticamente il bilancio delle vittime complessive di cinque anni di guerra a 470mila morti. Ma sulla reale portata dell’accordo per la fine dei combattimenti Marco Guerra ha intervistato il corrispondete dell’Ansa per il Medio Oriente, Lorenzo Trombetta:

R. – Sicuramente è un accordo formale che va letto in maniera positiva, almeno per quanto riguarda il fatto che Russia e Stati Uniti hanno trovato un compromesso sulla data del cessate il fuoco: la Russia chiedeva il primo di marzo, gli Stati Uniti chiedevano un cessate il fuoco immediato. Hanno trovato questo punto di accordo. Bisogna però essere molto cauti perché sul terreno la guerra continua e ci sono dei dati che non inducono all’ottimismo: nessuna delle forze regionali, internazionali e locali in Siria che attualmente  si stanno facendo al guerra, dimostra di avere interesse a un cessate il fuoco;  né quelli che attualmente stanno in una fase di offensiva che sentono di poter vincere una parte della battaglia né quelli che si trovano in una fase difensiva e che stanno aspettando che si alzi il coro da parte dei loro rivali e sperano che altre potenze regionali entrino a soccorrerli. Quindi un cessate il fuoco potrebbe essere per tutte le parti una soluzione non positiva, ecco perché bisogna essere molto cauti dopo l’annuncio fatto a monaco.

D. - Prima di fermare i combattimenti il governo di Damasco e la Russia cercheranno di riconquistare la città di Aleppo. Sappiamo che i combattimenti dovranno finire entro una settimana …

R. - Credo che l’obiettivo delle forze lealiste, diciamo dei governativi di Damasco aiutati da Iran, Hezbollah e i russi in primis non è quello di riprendere Aleppo città, perché questo è un obiettivo che militarmente richiede settimane se non mesi. Potrebbero esserci battaglie di strada prolungate, molto sanguinose, in qualche modo dovrebbero distruggere, radere al suolo parte di Aleppo per prenderla. Credo che l’obiettivo delle forze lealiste sia invece quello di circondare ancora di più Aleppo che attualmente è circondata su tre dei quattro lati e di costringere chi rimane ad una resa. Credo che questo sia l’obiettivo nel breve e medio termine.

D. - L’Onu intanto riunirà oggi una task force a Ginevra per mettere a punto un piano di interventi umanitario che dovrebbe entrare in azione - anche questo  - la prossima settimana. Ma in un Paese controllato da diverse realtà, tra cui lo Stato islamico, come è possibile implementare questo piano?

R. - Infatti questa task force avrà oggi e domani il compito di rilasciare dei comunicati, di indicare delle direzioni di aiuto, ma di fatto sul terreno gli operatori sanitari che siano dell’Onu o di altri operatori sanitari, avranno estrema difficoltà per portare avanti quanto dichiareranno oggi e domani a Ginevra. Se i combattimenti dovessero effettivamente cessare il 19 febbraio prossimo, da adesso fino a quella data, ci sarà un’escalation drammatica della violenza, perché le parti rivali cercheranno di guadagnare più terreno possibile prima che in qualche modo il “negozio chiuda”. Quindi bisognerà immaginare non solo 10-15mila civili siriani in fuga verso le frontiere, ma non è esagerato pensare che si arrivi a 100-150mila profughi nell’arco di poche settimane. Gli operatori umanitari,  fino a quando gli aerei russi o quelli della coalizione o quelli di Damasco saranno in giro a bombardare, avranno poca possibilità di intervenire.

D. - Resta invece tutto da definire il futuro del Presidente siriano Assad e dell’assetto politico del Paese...

R. - Tutta questa questione è rimandata sine die; era al centro dei colloqui indiretti di Ginevra programmati per fine gennaio, era al centro delle riunioni che si sono svolte a Vienna a dicembre. Sappiamo poi come sono andati quelli di Ginevra; non sono mai partiti. L’attuale situazione regionale sul terreno in Siria posticipa ogni tipo di discorso su quale sarà l’assetto politico della Siria di domani, quindi per il momento Assad rimane un contestato Presidente della Repubblica di una parte della Siria. Il portavoce dell’opposizione in esilio, sostenuto dagli Stati Uniti e all’Arabia Saudita, ha detto chiaramente: “Noi pensiamo di tornare a parlare veramente di politica quando ci sarà garantito che Bashar al Assad se ne andrà”.








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