2016-02-10 14:01:00

Venezuela, tagli alle forniture di energia elettrica


Dalle 13 alle 15 e dalle 19 alle 21. Sono quattro le ore in cui, da oggi, a Caracas e nelle altre città del Venezuela si verifica un’interruzione nel flusso di energia elettrica, in particolare nei grandi centri commerciali. Passato il Carnevale, il ministero dell’Energia dà il via infatti ai blackout elettrici programmati, ufficialmente a causa degli effetti del Niño, il fenomeno climatico che ha ridotto le piogge, facendo prosciugare i bacini idroelettrici che producono energia. Secondo alcuni osservatori, alla base di tali tagli – che lasceranno praticamente al buio le grandi città, con conseguenze anche sulla sicurezza – ci sarebbero soprattutto motivi economici. Ce ne parla Gennaro Carotenuto, docente di Storia contemporanea all’Università di Macerata e studioso di questioni latinoamericane, intervistato da Giada Aquilino:

R. – Il Venezuela sta vivendo una crisi economica profonda, generata dal crollo del prezzo del greggio, che è passato nel giro di pochissimi anni da 200 a 30 dollari. La scommessa di Hugo Chávez era quella di finanziare l’equità sociale, la giustizia, uno stato di benessere, scuola, educazione, ospedali, con la rendita petrolifera, pensando - come pensavano tutti gli analisti - che il prezzo del petrolio continuasse a crescere. Dopo la morte di Hugo Chávez il crollo del prezzo del petrolio ha creato una situazione che si sta facendo insostenibile. Con 30 dollari al barile, infatti, il deficit commerciale dello Stato venezuelano è di 24 miliardi di dollari solamente nel 2016, secondo le previsioni. E con questa situazione negli Stati che comunque hanno una fiscalità leggera – perché il Venezuela, finanziando tutto con il petrolio, aveva comunque una fiscalità leggera – si diventa praticamente insolubili.

D. – Che momento vive il Venezuela, dal punto di vista economico e dal punto di vista politico?

R. – Da una parte, c’è un’opposizione che fa quello che grosso modo ha sempre fatto: cercare di far cadere il governo, utilizzando in parte una dialettica democratica e in parte cercando delle “scorciatoie”, a mio modo di vedere, pericolose. Dall’altra parte, il governo di Nicolás Maduro, il successore di Chávez, sembra davvero che abbia delle serie difficoltà a risolvere i problemi. Capiamoci: ci sono stati anche in altre crisi – e penso al Cile di Allende, per esempio – fenomeni di aggiotaggio, di boicottaggio del governo, un governo popolare o come lo vogliamo chiamare, ma poi le risposte vanno trovate. Cioè, se c’è l’aggiotaggio, se ci sono solo forme di boicottaggio interno o internazionale, se gli scaffali dei supermercati restano vuoti e se l’energia elettrica o l’acqua potabile non sono sufficienti, poi le crisi vengono a maturazione. E in questo momento mi sembra che il governo non stia trovando la via, almeno nel breve termine. Il che potrebbe significare pure che la risposta sia assoluta, dato che il tempo del governo, dopo la sconfitta alle elezioni amministrative di fine 2015, potrebbe anche non essere lunghissimo.

D. – Alcuni analisti dicono che proprio questi potrebbero essere segnali di un ciclo che si sta chiudendo per il Venezuela…

R. – Sicuramente, è in corso un passaggio da quello che è stato il ciclo progressista di tutto il continente sudamericano, dove il governo di Chávez, insieme a quello di Kirchner e di Cristina Fernández in Argentina, di Lula e poi di Dilma Rousseff in Brasile – e potrei citarne altri – hanno raggiunto dei risultati. Ma poi, in un contesto di democrazia dell’alternanza, i cicli politici vengono a compimento. E quindi abbiamo visto nelle elezioni di fine 2015 che una parte consistente in particolare delle classi medie, che aveva dato fiducia per molti anni a Hugo Chávez, non l’ha più data a Nicolás Maduro.

D. – Per tornare ai blackout elettrici, rimarranno al buio i luoghi dove si consuma più energia elettrica: cioè i centri commerciali, bar, ristoranti, cinema. Che pericoli potrebbero esserci per la sicurezza? Ricordiamo che Caracas è una delle città, se non la città, più violenta al mondo…

R. – In un altro Paese si sarebbe staccata la corrente in interi quartieri popolari. E le persone che vivono nei quartieri poveri, nelle favelas – che in Venezuela si chiamano “ranchitos” – si sarebbero trovate senza luce e non avrebbero nemmeno avuto particolare possibilità di far sentire la loro voce. In questo caso, si stacca la corrente nei centri commerciali, con mille preoccupazioni reali: il Venezuela è davvero un Paese terribilmente violento. Ma allo steso tempo si vede una certa volontà di cercare una soluzione diversa. Forse non sarà sufficiente – io temo che non lo sarà questa soluzione – però, non levare la luce o levarne meno nelle case, nei quartieri popolari, e diminuirla nei grandi centri commerciali, quelli sfavillanti, delle classi medio-alte, qualche cosa secondo me ci dice.








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