2016-02-10 14:47:00

La Siria chiede pace. L'appello nella giornata di preghiera


E’ la Giornata mondiale di preghiera e digiuno per la pace in Siria e in Iraq, oggi, nella solennità delle Ceneri. A promuoverla è stata "Aiuto alla Chiesa che Soffre",, che ha invitato tutti i cristiani del mondo ad aderire all’iniziativa dal titolo “Porterai la loro croce per un giorno?”. Intanto, nei due Paesi continuano le sofferenze degli innocenti. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

L’unico loro desiderio è quello di tornare a vivere in pace: è questa la testimonianza che arriva dai civili di Iraq e Siria. Le popolazioni sono stremate da anni di guerra e oggi aggrapparsi alla speranza è diventato quasi impossibile. Dall’Iraq spiragli arrivano: la riconquista ieri di Ramadi sottratta all’Is ha dato al premier Al-Abadi, oggi a Roma, la forza di poter dire che “entro la fine dell’anno si vuole mettere fine alla presenza di Daesh in Iraq”. Non sono questi i toni che si possono usare per la situazione in Siria dove, a cinque anni dall’inizio della guerra, ogni giorno è testimonianza degli orrori in quel Paese. Alcune Ong oggi avrebbero riferito che una decina di giorni fa, nell’offensiva lanciata contro gli jihadisti ad Aleppo, almeno 500 civili sono rimasti uccisi, tra loro anche bambini. Accanto al sangue scorre anche il flusso delle migliaia di persone che fuggono dai bombardamenti su Aleppo, e che si stanno ammassando al confine con la Turchia dove la frontiera è ancora chiusa. Sono drammatiche le parole di padre Firas Lutfi, francescano della Custodia di Terra Santa, vicario parrocchiale della comunità latina di Aleppo:

R. – Come Papa Francesco ha ribadito in più di un’occasione, la preghiera è la nostra vera arma – per così dire – per contrastare quelle forze della negatività, del male che oggi minacciano la presenza nostra e la nostra testimonianza come cristiani. Quindi, qualsiasi iniziativa che un cristiano voglia prendere prima deve essere preparata, anticipata da questo ricaricamento di energia e di relazione con il Signore. Come diciamo noi che viviamo in Medio Oriente, e particolarmente in Iraq e in Siria, davanti al male che ci ha colpiti, davanti al dramma della guerra, ci appoggiamo soprattutto alla preghiera, all’aiuto che viene dall’alto, alla pace che è dono del Signore, ma che è anche un’opera umana.

D. – Aleppo è la città martire: in questo momento lei è proprio lì che vive. Cosa sta accadendo?

R. – Sì, purtroppo Aleppo è la città più martoriata della Siria. E non è solo la mancanza di acqua, di cibo, di alimenti ciò che ci fa soffrire: questo possiamo anche sopportarlo, anche se non è facile. Il problema di fondo è soprattutto quello della non sicurezza. Non c’è neanche un posto dove possiamo dire: “Qui stiamo bene perché stiamo tranquilli, perché non ci sono le bombe e non ci sono quelle bombole di gas che ci lanciano le milizie dell’Is, di tutti i gruppi terroristici”. Lì siamo sotto ai bombardamenti, giorno e notte. E’ chiaro che c’è questa emorragia di intere famiglie che pensano di lasciare il Paese. Purtroppo, è un’offensiva e una controffensiva, da una parte e dall’altra. Quando i “grandi” si mettono a giocare con le armi, gli innocenti, i “piccoli”, i bambini, le donne sono quelli che maggiormente ne subiscono le conseguenze. Ebbene, anche il flusso di questi innocenti che varcano il confine della Turchia in cerca di un riparo è un dramma, è "il" dramma... Stiamo vivendo il calvario.

D. – Come reagisce la popolazione di fronte alle polemiche internazionali che riguardano soprattutto i raid russi di sostegno ai lealisti del presidente Assad?

R. – Anche se non sono politico, porto quello che la gente vuole adesso, attualmente, e le assicuro che l’unica cos che vuole è la pace. A prescindere se “con” o “contro” Assad, se sono simpatici o antipatici, se sono “pro” o “contro”: non importa. L’unico desiderio che una persona normale, una persona che ha sofferto e patito ben cinque anni di guerra, l’unico desiderio in assoluto che nutre nel cuore, è quello di avere finalmente il dono della pace. E’ chiaro che la situazione, dal punto di vista politico, è complessissima. Il dramma è molto intrecciato: ci sono interessi, ci sono alleanze da una parte e anche dall’altra. Ebbene, purtroppo la Siria ha diviso il mondo in due parti, ma non è questo che interessa il cittadino siriano e la nostra presenza cristiana in Siria. Un cristiano – per esempio – ha paura che questi dell’Is attacchino e lui deve fare il conto con il fatto di dover fuggire dalla sua casa, lui, la moglie, i bambini, solo con i vestiti addosso. Se non riesce a fuggire, è sottoposto ai tagliagole e anche all’uccisione e alle torture. Ebbene, io le assicuro che ogni cittadino ora ha nel cuore un unico desiderio: quello di vedere finalmente una pace vera, autentica e anche duratura, che metta fine a questa sofferenza, a questa intolleranza, a questa guerra. Il problema è che ci sono troppi interessi nello scenario siriano: geopolitici, economici, quindi tutt’altro che puntati sull’uomo, sulla persona e sui cittadini che vivono lì in Siria. Quindi, ecco, forse questo dà senso al nostro digiuno, alla nostra preghiera di oggi. Dobbiamo pregare per tutti i responsabili, per i politici, per quelli che hanno in mano le decisioni della sorte del popolo, soprattutto a livello internazionale: che possa il Signore toccare le loro menti e i loro cuori, e che possano, quando si siedono, disinteressarsi al profitto e al potere, ma guardare soprattutto al bene delle persone, degli innocenti.








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