2016-02-05 14:39:00

Mirabelli: ddl Cirinnà in contrasto con la Costituzione


In Italia, riprenderà martedì prossimo al Senato il dibattito sulle unioni civili. Intanto, 40 senatori hanno proposto un ricorso alla Corte Costituzionale. A loro avviso, il disegno di legge Cirinnà ha violato l’articolo 72 della Carta, secondo cui ogni ddl deve essere esaminato prima in Commissione e, successivamente, in aula parlamentare. Su questo tema, Luca Collodi ha intervistato il presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli:

R. – Il vizio che viene indicato, se è un vizio di legittimità costituzionale della legge, dovrebbe essere prospettato e sollevato successivamente alla sua approvazione. Se viene presentato questo ricorso, un primo scoglio è quello dell’ammissibilità del ricorso stesso, dell’ammissibilità di un conflitto tra poteri per quel che riguarda l’esercizio di funzioni parlamentari all’interno dell’organo parlamentare al quale appartengono. Mi pare sia piuttosto un atto di denuncia politica in forme preannunciate giurisdizionali, che non un atto reale di avvio di una procedura dinanzi alla Corte.

D. – Quindi, lei interpreta questo ricorso di 40 senatori alla Corte Costituzionale più come un atto politico che non giuridico-costituzionale…

R. – Certamente denuncia se non una irregolarità, una qualche debolezza nel percorso, perché tutto il lavoro che l’assemblea ora è chiamata a fare si sarebbe svolto con molta maggiore efficacia nella Commissione. E in Commissione i lavori avrebbero consentito una partecipazione più diretta, più efficace dei diversi componenti. Viene denunciata la inosservanza di una disciplina costituzionale e, in qualche modo, ancorata ai regolamenti parlamentari.

D. – Durante il dibattito in aula sul disegno di legge Cirinnà per le unioni civili, ci sono molti riferimenti alla Costituzione italiana là dove si parla di famiglia naturale fondata sul matrimonio. Per alcuni, questa sarebbe un’affermazione da parte della Costituzione vaga che non chiuderebbe ad altre forme di convivenza. Lei cosa ne pensa? Che interpretazione le dà?

R. – Questo è un altro problema ed è un problema reale del distacco che questa disciplina prefigurata dal disegno di legge in discussione ha rispetto al modello costituzionale. Qui abbiamo due punti fermi. La Corte Costituzionale in precedenti sentenze, con molta chiarezza, ha stabilito che occorre una disciplina delle convivenze, delle unioni civili, perché si tratta di formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità degli individui e quindi sotto questo aspetto hanno un rilievo e una protezione nella Costituzione. Ma si tratta di realtà del tutto diverse rispetto al matrimonio che l’art. 29 considera fondamento della famiglia e non possono essere disciplinate in maniera omologa, non possono essere assimilate al matrimonio. Il disegno di legge si discosta da questa impostazione, perché sostanzialmente rinvia alla disciplina del Codice civile relativa al matrimonio e ne fa quasi una fotocopia. E lo fa anche con delle norme di chiusura nelle quali si identifica la posizione del partner dell’unione civile a quella del coniuge, dovunque sia prevista nella legge. Questo con effetti anche specificamente enunciati per quello che riguarda l’adozione. Sotto questo profilo della coerenza del disegno di legge, nel testo attuale, nel testo che ora è in discussione, con la Costituzione c’è un fortissimo dubbio – dal mio punto di vista una svalutazione di certezza – di un distacco, di un contrasto con l’impianto costituzionale, con il disegno costituzionale.








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