Sarebbero 10 mila i migranti minorenni di cui si è persa traccia in Europa, a denunciarlo è l’Europol, l’Agenzia di sicurezza europea. Sono per lo più di età compresa tra i 10 e i 18 anni, provenienti soprattutto da Siria, Eritrea e Somalia, in viaggio spesso da soli lungo le rotte balcaniche e nel Mediterraneo per raggiungere il nord Europa. L’Europol non esclude che molti potrebbero essere caduti in mano a organizzazioni criminali e terroristiche. Stefano Pesce ha raggiunto al telefono Michele Prosperi, dell’organizzazione umanitaria "Save The Children":
R. – L’allarme dell’Europol riguarda i minori non accompagnati. La stragrande maggioranza sono maschi, anche giovanissimi, 11-12-13 anni. Stanno affrontando il loro viaggio da soli, sono partiti dai loro Paesi da soli e la loro necessità può essere quella di trovare un futuro qui in Italia, cioè nel Paese in cui sono arrivati, sono entrati in Europa, oppure di raggiungere altri Paesi europei.
D. – Qual è la misura di questo fenomeno?
R. – Se guardiamo i dati del Ministero dell’interno, nel 2015 sono sbarcati in Italia 12.272 minori non accompagnati. All’interno di questo numero, quasi 5.000 sono i minori non accompagnati provenienti dall’Eritrea, dalla Somalia e dalla Siria, che hanno l’intenzione di raggiungere i Paesi del Nord Europa. E quindi non vogliono essere identificati in Italia, non vogliono entrare nel sistema di accoglienza, ma si rimettono in contatto con i trafficanti, con la loro rete di supporto, per poter proseguire subito il viaggio. Sono proprio loro che rappresentano la necessità di protezione maggiore.
D. – Nella denuncia dell’Europol, c’è anche l’avvertimento che i minori non accompagnati possono essere anche facile preda degli stessi terroristi…
R. – Sono vulnerabili, perché non hanno adulti di riferimento. Sono esposti al rischio di violenze o di sfruttamento. Si trovano in una condizione di bisogno: nei vari momenti – nell’attraversamento delle frontiere, nelle permanenze temporanee – sempre con la necessità di nascondersi in qualche maniera. Non c’è un sistema che è in grado di tracciare questa cosa a livello di autorità e di dire che effettivamente, sì, questi minori sono arrivati in questi Paesi. Nessuno ha la possibilità di dare questo dato. Per cui, è un po’ come se questa fosse una realtà invisibile... La realtà però è più consistente.
D. – Quali sono le carenze da parte dell’Europa e dell’Italia nell’accoglienza e nella gestione di questi migranti minorenni?
R. – Per esempio, si potrebbe facilitare, semplificare e sostenere le procedure di riunificazione familiare per quelli, tra questi minori, che hanno questa opportunità. Oppure, stabilire meccanismi di ricollocamento che consentano ai minori di poter raggiungere in sicurezza, in modo protetto, i Paesi di destinazione. Questa sarebbe la risposta necessaria per far fronte a questo tipo di bisogno.
D. – Secondo lei, questo esodo, queste morti, possono rappresentare a lungo andare la scomparsa di una generazione in Siria?
R. – C’è un’intera generazione che è a rischio di scomparsa in Siria. A rischio di scomparsa, perché le vittime, tra i bambini civili, crescono ogni giorno. Crescono nelle città assediate, nelle aree di conflitto, perché esiste un’emergenza umanitaria assoluta rispetto alla disponibilità di cibo, di medicine, di assistenza salvavita per questi bambini, che sono la generazione della Siria di domani. “Save the Children” ha fatto tantissimo per i bambini da questo punto di vista perché anche i fondi che la comunità internazionale mette a disposizione per l’assistenza ai profughi siriani nei Paesi confinanti, che non hanno risorse sufficienti per dare assistenza, sono assolutamente insufficienti. Ci sono in questo momento delle situazioni molto critiche rispetto alla possibilità di dare assistenza, di offrire cibo e assistenza ai milioni di profughi che in questo momento stanno stazionando nei Paesi intorno alla Siria. Si tratta di un’emergenza umanitaria di proporzione estesa ed è la più grande che stiamo affrontando a partire dalla Seconda Guerra mondiale.
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