L’isolamento, la perdita di valori condivisi e di punti di riferimento di tanti giovani oggi e il facile accesso ai social network stanno facendo degli adolescenti britannici il principale target del terrorismo islamico. È il monito lanciato dal card. Vincent Nichols, presidente della Conferenza episcopale inglese e gallese (Cbcew) a un convegno a Londra di responsabili di istituti cattolici e di educatori. Si stima che siano circa 700 i giovani inglesi che hanno aderito al cosiddetto Stato islamico in Siria e in Iraq. Tra questi un numero crescente di giovanissimi.
Internet strumento privilegiato per il reclutamento degli adolescenti
“La cosa che colpisce di più - ha osservato nel suo
intervento l’arcivescovo di Westminster - è che l’età chiave per contattare e influenzare
le potenziali reclute del jihadismo globale è compresa tra i 14 e 15 anni, ossia l’età
dei ragazzi delle vostre scuole, affidati alle vostre cure”. Per il porporato, il
motivo della forte presa delle organizzazioni terroristiche sugli adolescenti va ricercato
nell’abile uso che sanno fare dei social network, diventati i principali mezzi di
socializzazione dei giovani. “Il mondo digitale - ha spiegato - risponde oggi a cinque
esigenze di fondo: il desiderio di connettersi ed essere connessi; quello di accedere
rapidamente alle informazioni; quello di essere guidati e di avere una causa da seguire;
il desiderio di condividere pensieri e opinioni; quello del divertimento”. Ed è quello
che cercano i tanti giovani che non hanno solidi punti di riferimento e che cercano
una loro identità e ruolo nella società.
Messaggi seducenti per i giovani più vulnerabili
Questo ne fa il target ideale dei gruppi terroristi
che usano Internet per proporre un messaggio accattivante e “almeno in apparenza,
coerente” in un mondo fatto di informazioni frammentate. Gli esperti - ha rilevato
il card. Nichols - dicono che “basta un mese per trasformare un adolescente insoddisfatto
e disorientato in un terrorista”.
Le responsabilità degli educatori cattolici
E qui, secondo il porporato, entrano in gioco le responsabilità
degli educatori, e in particolare di quelli cattolici: essi devono essere capaci di
proporre e testimoniare ai ragazzi il fascino di una visione cristiana coerente. L’educazione,
infatti, “non può solo trattare frammenti, deve sapere trattare il tutto”. “Il servizio
che le vostre scuole sono chiamate a dare - ha sottolineato il primate inglese - è
quello di aiutare i giovani a trovare un loro posto nel mondo, nelle loro relazioni,
nel loro futuro. Cosa che essi potranno fare al meglio se crescono nella cornice di
una vocazione radicata nel rapporto con Gesù. Solo se riuscirete a raggiungere questo
obiettivo - ha quindi concluso il card. Nichols - non farete uscire nel mondo giovani
ingenui pronti ad essere sedotti da un’ideologia perversa e disumana, o da qualsiasi
altra forma di violenza e disumanità degradante che minacciano il nostro mondo oggi”. (A cura di Lisa Zengarini)
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