Nei quartieri e nei sobborghi della città siriana di Deir el Zor, sotto assedio dei jihadisti del sedicente Stato Islamico (Daesh), e in questi giorni stretti anche dalla morsa del freddo, almeno 120mila civili siriani sono ridotti alla fame. A lanciare l'allarme sull'ennesima, potenziale catastrofe umanitaria innescata dal conflitto siriano è l'arcivescovo Jacques Behnan Hindo, alla guida dell'arcidiocesi siro-cattolica di Hassakè-Nisibi.
I jihadisti hanno bloccato l'accesso dei viveri nella città
”Da più di un anno, da quando cioè hanno perso postazioni strategiche e una parte
dei quartieri cittadini – riferisce all'agenzia Fides l'arcivescovo – i jihadisti
hanno intensificato la stretta dell'assedio, non facendo entrare i viveri. Quei pochi
prodotti che ancora si trovano – pomodori, scatole di sardine, un po' di té – vengono
venduti al mercato nero con prezzi più che decuplicati, quando va bene”.
La città rappresenta un interesse strategico per i jihadisti
Lo scorso 17 gennaio, i miliziani del Daesh hanno attaccato quartieri della città
massacrando almeno 300 civili e deportandone altre centinaia. L'arcivescovo Hindo,
sulla base di informazioni raccolte sul campo, ritiene che la città rappresenti in
questo momento un interesse strategico per i jihadisti dello Stato Islamico.
A Deir el Zor vivevano 1.000 famiglia cristiane
“Molti dei miliziani - riferisce l'arcivescovo – cominciano a pensare che Raqqa, la
loro capitale in Siria, dove stanno confluendo anche le loro milizie in fuga dall'area
di Aleppo, potrebbe cadere. E allora si stanno trasferendo a Deir el Zor, forse con
l'intenzione di trasformarla in una loro nuova roccaforte. Ma finora le incursioni
aere russe e anche quelle degli Usa sono scattate solo quando i jihadisti hanno provato
a occupare l'aeroporto”. A Deir el Zor prima della guerra vivevano mille famiglie
cristiane. Adesso, secondo quanto risulta all'arcivescovo Hindo, nella città sarebbe
rimasto un solo cristiano. (G.V.)
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