2016-01-27 13:39:00

Cisgiordania. Netanyahu critica Ban Ki-moon, l'Onu risponde


"Niente puo' essere piu' lontano della realta'" delle accuse mosse al segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon di incoraggiare il terrorismo: lo ha detto il portavoce del Palazzo di Vetro, Stephane Dujarric, commentando nuovamente l'attacco del premier israeliano Benjamin Netanyahu a Ban. Al contrario, ha precisato, Ban Ki-moon ha ribadito che non ci puo' essere giustificazione per il terrorismo. "Ognuno e' libero di usare le parole che preferisce - ha aggiunto - ma la realta' non puo' essere distorta". 

Dopo che nei giorni scorsi lo Stato ebraico aveva approvato la costruzione di 153 nuove case per coloni della Cisgiordania, Ban Ki-moon – parlando alla riunione sul Medio Oriente in Consiglio di Sicurezza – aveva definito le attività di insediamento israeliane “un affronto al popolo palestinese e alla comunità internazionale” e aveva esortato entrambe le parti a perseguire la soluzione dei due Stati, aggiungendo che “è nella natura umana per i popoli oppressi reagire all'occupazione”. Quali sono dunque i motivi che hanno portato Netanyahu a reagire così duramente contro Ban Ki-moon e l’Onu? L'opinione di Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Firenze, intervistata da Giada Aquilino:

R. – La paura. Anche perché Ban Ki-moon ha parlato davanti al Consiglio di Sicurezza e quindi ha detto cose implicitamente approvate dai membri del Consiglio. Ed è il Consiglio il terreno della battaglia, perché ciò che preoccupa moltissimo Netanyahu è il cambio di atteggiamento degli Stati Uniti. Proprio ieri, assieme al dibattito all’Onu, è arrivata la notizia che stanno cominciando a costruire di nuovo nel West Bank e gli americani si sono sempre opposti a questo. Inoltre, nelle ultime settimane l’ambasciatore americano in Israele, Dan Shapiro, ha in ben due occasioni parlato assai duramente. Ha smentito che la legge israeliana contro le organizzazioni non governative sia modellata sul modello americano – scopo della legge israeliana è quello di limitare l’azione delle agenzie – e inoltre a un convegno l’ambasciatore Shapiro ha detto che ci sono nel West Bank due leggi: una per gli israeliani e una per i palestinesi. Quello che preoccupa veramente Netanyahu è che questo è l’ultimo anno della presidenza Obama, con cui ha sempre avuto rapporti assai tesi, e c’è il rischio che in tale periodo venga meno in seno di Consiglio il veto americano e che quindi il Consiglio voti una risoluzione contro Israele. Questa potrebbe avere grosso modo due contenuti: o il divieto di nuove costruzioni nel West Bank, oppure la ripresa di un’iniziativa, finora di marca francese, che vuole obbligare le parti al negoziato in tempi certi.

D. – Eppure., negli anni ci sono state da parte dell’Onu dei pronunciamenti di condanna contro il muro in Cisgiordania, ci sono stati rapporti sull’operazione “Piombo Fuso” a Gaza nel 2009…

R. – Non erano vincolanti. Erano dichiarazioni, ma non erano risoluzioni.

D. – Le critiche di Netanyahu sono arrivate dopo la morte di una giovane donna ferita da due assalitori palestinesi. Potrebbero essere collegati pure alla cosiddetta “Intifada dei coltelli” che si protrae da ottobre?

R. – Certo, anche perché i vertici militari sanno che l’“Intifada dei coltelli” o di altro non ha una direzione – è assolutamente spontanea – e quindi è assolutamente intrattabile sia in termini militari sia politici, se non forse con un radicale cambiamento.

D. – Negli ultimi giorni, dopo una pausa di 18 mesi, Israele ha dunque autorizzato la costruzione di nuovi insediamenti in Cisgiordania. Perché ora?

R. – Perché questo governo Netanyahu è ancora più a destra del precedente e perché non può resistere oltre né alle pressioni della base che lo sostiene né alle iniziative di certi ministri, come Naftali Bennett o Ayelet Shaked, che sono ancora più a destra di Netanyahu.

D. – Che momento politico è per Netanyahu e per il Likud?

R. – Stanno aspettando il nuovo presidente americano e temono quello che il presidente uscente possa fare con ciò che loro considererebbero un “colpo di coda”.

D. – La linea degli Stati Uniti a fine mandato Obama allora può cambiare?

R. – Più che cambiare, può fare quello che hanno detto sempre di voler fare: incoraggiare un vero negoziato ed evitare passi falsi sul terreno. In sede Onu, possono concretizzare tale indirizzo con il semplice sistema di non porre il veto: cioè non devono neanche votare a favore di una risoluzione, basta che si astengano.








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