2016-01-22 19:54:00

Egeo: due naufragi, oltre 40 morti. Ancora polemiche su Schengen


Sono 45  i migranti morti oggi nel Mar Egeo in due diversi naufragi, tra le vittime vi sono 20 bambini, 26 i superstiti, si cercano decine di dispersi. La tragedia è avvenuta al largo dell’isola greca di Kalolimnos. E mentre sulle coste italiane continuano gli sbarchi, in Europa è sempre più aspro il dibattito sulla sorte del trattato di Schengen. Francesca Sabatinelli.

Una sciagura immensa quella di oggi nell’Egeo, mentre nel canale di Sicilia, in otto diverse operazioni, venivano recuperati 968 migranti, purtroppo tra loro anche una vittima. A dicembre Grecia e Italia hanno affrontato arrivi record, precisa Frontex, che spiega che il 2015 ha visto nei due Paesi oltre un milione di ingressi, cinque volte il numero del 2014. Il dibattito politico intanto continua a focalizzarsi sull’eventuale fine di Schengen. Gli esiti sarebbero catastrofici, dichiara il presidente del Parlamento europeo Schulz, dello stesso tenore le dichiarazioni del premier italiano Renzi e del ministro delle finanze tedesco Schauble, con il loro fermo no alla messa in discussione del trattato. Per il premier francese Valls, invece, l’Ue non può accogliere tutti i profughi in fuga dai conflitti. Da Bruxelles però arriva la precisazione che la sospensione di Schengen non è sul tavolo della Commissione europea. Intanto, continuano i blocchi: la Slovenia ha respinto un primo gruppo di 15 persone, tra loro anche siriani e iracheni, perché non in linea con i nuovi criteri stabiliti ieri, mentre l’Ungheria ha annunciato che non consentirà mai più ai migranti di attraversare il suo territorio. 

Cosa accadrebbe in caso di sospensione di Schengen? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli:

R. – L’effetto della sospensione di Schengen è immediato e consiste nel blocco della possibilità di passaggio delle persone: in pratica controlli più decisi su quest’ultime. E ciò riporterebbe la gestione delle migrazioni a livello nazionale in modo effettivo, mentre noi pensiamo che la soluzione dei problemi di questo periodo, la soluzione del fenomeno migratorio, sia nella gestione europea: quindi nel mettersi d’accordo tra Stati e non lasciare che ogni singolo Stato decida per sé.

D. – Come conciliare gli aspetti della sicurezza con quelli della doverosa accoglienza?

R. – I controlli delle persone devono essere a vantaggio delle persone stesse. L’identificazione deve essere funzionale al fatto che poi le persone possano veramente essere accolte e integrate nel territorio. Non possiamo più permettere che i controlli sulle persone avvengano per difenderci da coloro che arrivano, per difendere le nostre frontiere piuttosto che le persone stesse. Questo è inaccettabile ormai.

D. – Altro tema in discussione è l’onere di controllo e asilo, giudicato “eccessivo” per i Paesi di primo ingresso. Anche qui, com’è possibile spalmare questo impegno, di fatto su tutti i Paesi dell’Unione Europea, anche su quelli lontani dalle frontiere?

R. – Bisognerebbe ripensare il sistema di asilo a livello europeo: una gestione comunitaria del fenomeno. E quindi tutti si sentirebbero responsabili dell’accoglienza che avviene nei Paesi di frontiera, quelli del Sud dell’Europa; ma poi l’accoglienza più generale dovrebbe essere distribuita su tutti i Paesi dell’Unione. Allora, soltanto in questo modo, operando una gestione del sistema di asilo a livello generale europeo, le persone pur arrivando in un singolo posto, possono poi muoversi all’interno dell’intera Unione.

D. - La richiesta del Presidente Obama alla Cancelliera Merkel di un vertice internazionale sull’immigrazione fa pensare che il problema non sia solo del Mediterraneo, ma che sia invece un problema globale, non solo europeo?

R. – Certamente. Io amo chiamarlo, più che problema, il “fenomeno” delle migrazioni. Questo è un fenomeno globale. Noi sappiamo dall’Organizzazione Mondiale, che si occupa di rifugiati, che ormai nel mondo sono circa 60 milioni le persone che fuggono da guerre e da persecuzioni. E soltanto un milione di essi arriva in Europa. Quindi ci occupiamo soltanto di una piccola parte di questo fenomeno che invece interessa tutto il pianeta. La gestione deve essere internazionale, e poi ogni singola regione deve prendersi la responsabilità di affrontare il fenomeno all’interno del proprio territorio. 








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