2016-01-18 13:35:00

Ddl Cirinnà, dal Quirinale dubbi di incostituzionalità


Ddl Cirinnà sulle unioni civili sempre al centro del dibattito italiano. Ieri il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco ha definito il Family day del prossimo 30 gennaio una “manifestazione dalle finalità assolutamente necessarie” e ha denunciato la “grande distrazione da parte del Parlamento” rispetto ai “veri problemi dell’Italia”, disoccupazione in testa. Intanto, secondo il quotidiano La Repubblica, il governo starebbe pensando ad emendamenti al ddl sulla base di dubbi di incostituzionalità sollevati dal Quirinale. Il servizio di Paolo Ondarza:

Il rimando della presidenza della Repubblica è alla sentenza 138 del 2010 della Corte Costituzionale dove si legge che i costituenti tennero presente la nozione di matrimonio che stabiliva - e ancora oggi stabilisce - che i coniugi debbano essere persone di sesso diverso. Davvero il ddl Cirinnà equipara unioni civili al matrimonio e quali gli aspetti incostituzionali? Lo chiediamo al costituzionalista Carlo Cardia:

R. – Di sicuro quando si fa un rinvio ad uno status o anche a diritti e doveri desunti da uno status matrimoniale, noi stiamo sulla strada dell’equiparazione. Non è un fatto nuovo quello che sta avvenendo in Italia: in altri Paesi è avvenuta la stessa cosa. Io mi riferisco alla Germania in particolare, ma anche all’Inghilterra, dove si fece un parziale riferimento allo status coniugale pur dicendo che non si trattava di matrimonio: poi, però, la Corte Suprema o l’organismo preposto all’interpretazione delle leggi ne desunse che “poiché si trattava di una equiparazione, andavano estesi anche altri diritti”. E quindi l’equiparazione diventava completa. L’altra considerazione è, invece, più di fondo: noi abbiamo la nostra Costituzione in cui si parla di società naturale e quindi è del tutto ovvio che si riferisca al rapporto uomo-donna. Ma tutti dimenticano che le Carte internazionali dei diritti umani parlano addirittura esplicitamente di uomo e di donna: la Convenzione europea del 1950 parla di matrimonio fra uomo e donna; la Dichiarazione – e poi la Convenzione internazionale – sui diritti del fanciullo parla del dovere dei genitori, del padre e della madre e aggiungono “di riconoscere una funzione speciale alla maternità”. Ecco, allora, noi dobbiamo avere davanti questo quadro solenne, formale, incontrovertibile della presenza dei genitori, di un uomo e di una donna, per la crescita e il futuro del bambino.

D. – L’equiparazione al matrimonio contenuta nel Ddl Cirinnà, al di là degli aspetti che regolamentano ad esempio la scelta del cognome o l’abitazione, è sostanziale?

R. – Non c’è dubbio, equipara nella sostanza. Quando lei comincia a parlare delle due persone come se fossero coniugi, la legge già dice che sono coniugi. Noi siamo arrivati ormai in alcuni Paesi – ma non in tutti – a parlare di “genitore 1” e “genitore 2”. Cosa vuol dire questo? Che si nasconde la parola “babbo” e “mamma” o “papà” e “mamma”.

D. – Quindi non è tanto la Stepchild adoption, ovvero l’adozione del figlio del partner, di cui tanto si sta parlando in questi giorni, il nodo critico del Ddl Cirinnà, quando proprio la definizione in essa contenuta di unione civile?

R. – Il vero punto è che se c’è l’equiparazione al matrimonio, l’adozione prima o poi una Corte di Cassazione dirà – come è anche logico che sia – che è una conseguenza del rapporto matrimoniale. Questo è il punto vero!

D. – L’obiezione a questo punto è: quando i costituenti scrissero la Carta, la questione delle unioni civili e quindi delle unioni omosessuali non era urgente. Oggi i tempi sono cambiati…

R. – Se vogliamo metterla sul piano formale diciamo allora che se questa questione non era presente, si deve cambiare la Costituzione, perché adesso questa cosa si è fatta presente. Ma attenzione: non confondiamo i 50-60-70 anni dall’approvazione della Costituzione con i secoli di storia, che arrivano fino alla nascita del primo uomo e della prima donna, il cui matrimonio è sempre stato concepito cosi.

D. – Professore, la stessa sentenza 138 del 2010 della Corte Costituzionale invita a dare un riconoscimento giuridico alle coppie omosessuali: a partire da cosa?

R. – A partire dai diritti che possono richiedere su una serie di temi. Questo si può fare benissimo: i diritti individuali…

D. – Mancano questi diritti oggi?

R. – Non sono chiari; alcuni non ci sono; altri sono affidati possiamo dire alla buona volontà: se due persone si trovano in ospedale e uno vuol fare l’assistenza e vuole avere anche il contatto con il medico, dipende da chi incontra… Non è assicurato in maniera automatica! Quindi c’è un lavoro da fare, ma fermo restando il carattere individuale, che non vuol dire declassare questi diritti – anzi, forse, si rafforzano! – ma tenendo fermo che quella unione, quel rapporto non è il matrimonio naturale.








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