2016-01-17 12:34:00

Burkina Faso: sale a 29 vittime il bilancio dell'attacco all'hotel


E’ di almeno 29 morti di 18 nazionalità diverse, 56 feriti, 126 ostaggi liberati e quattro terroristi uccisi, il bilancio dell'assalto terroristico all'Hotel Splendid e al caffè-ristorante Cappuccino di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso. Lo ha confermato il primo ministro del Paese africano, Paul Kaba Thieba. Tra le vittime figurano otto canadesi, uno statunitense, due cittadini svizzeri e due francesi, e anche la moglie ucraina e il figlio di 9 anni del proprietario italiano del Cappuccino Cafe', dove è avvenuta la strage. Dolore è stato espresso dal premier Renzi e dal presidente Matterella. 

L'attacco partito venerdì sera si è concluso ieri con l’intervento delle Forze speciali francesi, presenti nel Paese. Al Qaeda nel Maghreb ha rivendicato l’attacco definendolo “Una vendetta contro la Francia e i miscredenti occidentali”.  Marco Guerra ha intervistato padre Philippe Zongo, responsabile della Comunità di Sant’Egidio in Burkina Faso:

R. – Quello che è successo in Burkina riporta a quello che è successo a Jakarta, a quello che è successo a Istanbul … Possiamo dire che questo colpisce tutta l’umanità. Io penso che colpire questo luogo significhi ferire l’umanità, ferire i rapporti di convivenza che esistono da anni tra musulmani e cristiani. E c’è il rischio, anche, che dopo questo attentato, si facciano interpretazioni sbagliate, spostando il problema su un livello religioso. Ma io credo che non sia un problema religioso e bisogna essere attenti a non fomentare l’odio. Questi attacchi, al Qaeda li compie per tutelare il proprio terreno rispetto all’Is. Tra l’altro, anche al Qaeda nel deserto cerca di proteggere i propri interessi, e cioè il traffico delle armi, il traffico di esseri umani …

D. – Al Qaeda ha rivendicato l’attacco affermando che si tratta di una vendetta contro la Francia: quindi c’è un’escalation del terrorismo jihadista anche nel Burkina Faso, oppure è stato un fatto inaspettato?

R. – No, no: non è stato un fatto inaspettato. Si poteva aspettarselo, perché ci sono stati già due episodi precedenti. Tre agenti sono stati uccisi da una cinquantina di persone e poi, verso la frontiera del Mali c’è stato anche un attacco e alcune persone addirittura sono state sgozzate, come fa l’Is; anche, nel Nord due persone, due austriaci sono state rapiti. Questi episodi ci fanno capire che è un inizio. Quindi, non possiamo dire che è un’escalation, però bisogna iniziare a lavorare adesso per evitare che l’escalation ci sia veramente, come è successo altrove.

D. – A Ouagadougou c’è la base delle Forze speciali francesi attive nell’operazione in tutto il Sahel per fermare il jihadismo. Quindi, si è scelto un bersaglio internazionale proprio per fermare l’avanzata delle Forze occidentali?

R. – Diciamo che sì, c’è la presenza dell’esercito francese; e poi, ci sono anche soldati statunitensi  perché la zona del Burkina Faso è una zona strategica: nel Sud dell’Algeria e nel Nord del Mali, del Niger e del Burkina Faso c’è proprio la culla del terrorismo, operano lì. Allora avere una base in Burkina Faso aiuta a respingere un po’ per poterli poi bloccare. Ma che ci sia un attacco contro la Forza francese presente, io dire di no, perché i morti appartengono a 18 nazionalità. Quindi, alla fine, quando colpiscono, colpiscono tutti! Poi, questo modo di colpire nulla può fare all’esercito francese; come dico e tengo a ripetere, è per motivi di interesse, perché anche loro ci guadagnano con la guerra, con la violenza. La guerra è diventata ormai un lavoro, un mestiere: alla fine, in questi gruppi terroristici tanti si arruolano perché non hanno niente da fare, è un modo per guadagnarsi qualcosa per sopravvivere.

D. – L’attacco è stato rivendicato da al Qaeda; poi abbiamo anche le infiltrazioni del sedicente Stato islamico e di Boko Haram, che opera nell’area del Sahel. Quindi il Sahel sta diventando un epicentro del terrorismo di matrice islamica?

R. – Sì, questo è molto vero e possiamo sottolinearlo, per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e della comunità internazionale sulla necessità di intervenire presto, perché il Sahel è a rischio, può diventare la vera culla del terrorismo come è successo in Siria e in Iraq. Ora si stanno utilizzando tutti i mezzi forti per combattere l’Is. Penso che prima di arrivare al livello della Siria o dell’Iraq, sia necessario agire ora. Il presidente Roch Marc Christian Kaboré ha fatto una dichiarazione subito dopo l’attacco, invitandoci a essere coraggiosi, cioè, il Paese non deve lasciarsi intimidire. Il presidente aveva già rivolto un appello al presidente del Mali, chiedendo di costituire un fronte comune per lottare contro il terrorismo, perché il terrorismo va fermato adesso, trovando i mezzi; e poi il “come” si vedrà nei prossimi mesi, perché si sono dati almeno sei mesi per quello che riguarda il Burkina Faso, per avere un esercito forte che sappia proteggere le persone e i beni del Paese.








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