2016-01-13 14:00:00

Perugia: nuovo corso per mediatori interculturali


Al via, all’Università per stranieri di Perugia, un nuovo corso di alta formazione professionale per mediatori interculturali. Nasce dalla collaborazione di tre enti: il polo universitario perugino, la Comunità di Sant’Egidio di Roma e il Ministero dell’Istruzione, per creare professionisti nella mediazione e nel dialogo tra culture diverse. Stefano Pesce ha intervistato il prof. Valerio De Cesaris, direttore del corso:

R. – L’idea è quella di dare alla figura del mediatore interculturale una maggiore legittimità, una maggiore forza e questo perché riteniamo che questa figura sia importante per l’integrazione, vada valorizzata e possa essere anche lo strumento attraverso il quale creare coesione sociale, evitando così il conflitto e la conflittualità  nella società italiana.

D. - Tra gli iscritti c’è una grande presenza di studenti stranieri...

R. – Esatto! Questa è un’altra caratteristica importante, perché abbiamo pensato che l’Università per stranieri di Perugia, che tradizionalmente ha moltissimi studenti stranieri, dovesse però rivolgersi anche agli immigrati, ai figli degli immigrati e non soltanto a studenti stranieri che vengono da fuori, ma anche a quelle persone che sono originarie sì di altri Paesi ma che vivono stabilmente in Italia e che potranno essere ponti tra le comunità di immigrati, le istituzioni e la società italiana.

D. – Qualche esempio di sbocchi professionali che si apriranno per questi studenti...

R. – Qualche sbocco già esiste, perché ci sono già dei luoghi in cui i mediatori operano: le carceri, gli ospedali, le scuole, le questure, le prefetture; tutti quei luoghi cioè in cui c’è un contatto tra le persone che hanno un’origine diversa da quella italiana, gli immigrati e le istituzioni italiane dove è necessaria una mediazione.

D. – Un corso in mediazione interculturale può essere, quindi, un modo produttivo per creare un dialogo tra le nuove generazioni…

R. – Esattamente e noi crediamo di sì. Ci sembra, infatti, importante dare una formazione ampia a questi nostri studenti - il corso prevede delle lezioni di carattere culturale più ampio e quindi sulle crisi, sulle guerre, sulla storia dell’Italia, sulla sua cultura e sulle religioni - per formare persone consapevoli e capaci di essere, appunto, dei ponti e di creare legami e coesione.

D. – Un progetto, questo, nato anche grazie alla collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio e il Ministero dell’Istruzione…

R. – La Comunità di Sant’Egidio ha un’esperienza decennale nel campo della formazione e, tra l’altro, tutto il tirocinio o almeno gran parte sarà effettuato dagli studenti proprio nelle strutture della Comunità di Sant’Egidio a Roma. Sicuramente fare il tirocinio in queste strutture potrà essere per gli studenti un elemento di forza; un altro elemento di forza, che mi sembra importante da sottolineare, è il coinvolgimento del Ministero: un impegno politico che il sottosegretario Faraone ha assunto per far sì che il discorso della mediazione diventi strategico per l’Italia, diventi una aspetto su cui puntare per creare coesione e integrazione.








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