Madaya è una città “presa in ostaggio da persone che vivono all’interno”, da bande armate e gruppi terroristi, oltre che da membri di Daesh (acronimo arabo per il sedicente Stato Islamico, Is), che usano i civili “come scudi umani”. È quanto afferma all'agenzia AsiaNews il Patriarca melchita Gregorio III Laham, il quale precisa che nella città siriana contesa fra governo e ribelli abitano “20mila, non 40mila abitanti come scritto in questi giorni sui media”. “Noi come Chiesa non abbiamo accesso a questa città - aggiunge - ma sappiamo che inviare aiuti è rischioso, perché spesso finiscono nelle mani, come già successo in altre parti, di bande criminali e gruppi terroristi”.
Rischio per 400mila siriani sotto assedio in 15 diverse località
Ad oggi in Siria fino a 4,5 milioni di persone vivono in aree contese e difficili
da raggiungere per le agenzie umanitarie, tra le quali almeno 400mila in 15 diverse
località sotto assedio, che vivono in condizioni di estrema necessità e senza la possibilità
di ricevere aiuti. Fra queste vi è Madaya, 25 km a nord-ovest di Damasco e a soli
11 km dal confine con il Libano; dal luglio scorso la zona è assediata dalle forze
governative, sostenute dagli alleati sciiti libanesi di Hezbollah. Sebbene non vi
siano cifre aggiornate sul numero delle vittime, fonti di Medici Senza Frontiere (Msf)
riferiscono che dal primo dicembre scorso sarebbero morte di fame almeno 23 persone.
Funzionari delle Nazioni Unite parlano di testimonianze (credibili) di persone morte
di fame e di altre uccise mentre cercavano di fuggire dall’area.
Partiti per Madaya i primi aiuti
Ieri, dopo una lunga attesa, un convoglio carico di generi alimentari è partito per
Madaya, con cibo e scorte in grado di sfamare i 20mila abitanti almeno per un mese.
Dall’ottobre scorso la popolazione non riceve aiuti e i prezzi delle derrate, ormai
introvabili, sono schizzati alle stelle con un litro di latte venduto al mercato nero
a oltre 200 dollari. Nei prossimi giorni dovrebbero arrivare in città anche medicine
e altri beni di prima necessità, che non siano generi alimentari.
Gli aiuti rischiano di finire nelle mani di terroristi e bande armate
Gregorio III, siriano, patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, afferma ad AsiaNews
che in situazioni come quella di Madaya, è necessario fare attenzione nell’invio di
aiuti perché “rischiano di finire nelle mani dei terroristi, non della popolazione”.
La situazione della città è in tutto simile a quella vissuta a Yarmouk, che in passato
il nunzio apostolico a Damasco aveva definito una “vergogna” consumata nel silenzio
della comunità internazionale. “Se entrano generi alimentari - spiega sua beatitudine
- il rischio è che vengano confiscati. Il problema è complicato, qui non si tratta
solo del governo che non vuole far entrare aiuti, ma è un crimine che continua a danno
dei più deboli. È la guerra dei grandi che miete sempre vittime fra i più piccoli”.
Ascoltare l'appello alla pace di Papa Francesco
L’auspicio, prosegue il Patriarca, è che gli aiuti inviati oggi “arrivino alla popolazione”.
Al governo e all’opposizione “rinnoviamo, come Chiesa, l’appello di non dimenticare
l’essere umano, la vita, che deve essere tutelata e protetta”. La speranza è che si
muova presto la diplomazia internazionale e che la risoluzione per la pace in Siria
votata a New York “prenda corpo”, anche se la crisi fra Iran e Arabia Saudita “complica
la situazione”. In questo contesto di guerra e violenza, conclude, “assume ancora
più valore l’Anno della Misericordia di Papa Francesco”, perché ricorda alla gente
che “non bisogna lasciar estinguere il fuoco della speranza, che bisogna pregare e
adoperarsi per la pace e la riconciliazione”. (R.P.)
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