2016-01-08 12:55:00

Nessuna guerra per il petrolio tra Arabia Saudita e Iran


Prezzi del petrolio in leggero rialzo sui mercati asiatici in linea con il recupero delle piazze cinesi. Un’inversione di tendenza che arriva dopo i minimi storici toccati in questi giorni, quando – per la prima volta dal 2004 – il prezzo del greggio è crollato sotto i 30 dollari al barile. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Alberto Clò, direttore della rivista Energia:

R. – I mercati hanno reagito in una maniera incredibilmente tenue al precipitare dello scontro diretto, il primo, tra i due maggiori Paesi islamici del Medio Oriente: Arabia Saudita e Iran. In altri tempi si sarebbero avute impennate incredibili. Questa reazione inattesa, che potrebbe comunque essere modificata dal divenire delle cose nei prossimi giorni, indica, a mio avviso, che non solo la situazione di eccesso di offerta sui mercati internazionali resta molto robusta, ma che non vi è aspettativa da parte della miriade di operatori, che quotidianamente operano sui mercati e sulle Borse petrolifere, che la situazione possa precipitare. Nessuno dei due Paesi si avvantaggerebbe da uno scontro che avrebbe conseguenze imprevedibili.

D. – Ma quali sono gli scenari futuri?

R. – Come dicevo, nessuno dei due Paesi ha interesse a passare da una guerra diplomatica ad una guerra guerreggiata. L’Iran era in procinto di vedersi eliminate le sanzioni che hanno messo in ginocchio la sua economia, con la prospettiva non solo di vedersi consegnati 100 miliardi di dollari che ha congelati in banche straniere, ma anche di riprendere lo sviluppo dell’attività di estrazione del petrolio, che era stata fortemente penalizzata. E proprio all’inizio di quest’anno ci doveva essere un iniziale allentamento delle sanzioni riguardo al petrolio, con la prospettiva che l’Iran potesse, nell’arco di sei, sette, otto mesi, aumentare le sue esportazioni di 500.000 barili al giorno. Quindi, qualsiasi gesto avventato – a mio avviso – da parte dell’Iran, evidentemente bloccherebbe questa prospettiva di eliminazione delle sanzioni. L’Arabia Saudita, da parte sua, non avrebbe certamente vantaggi. Ha già situazioni di difficoltà economiche interne a causa del crollo del prezzo del petrolio. Quindi non esistono i presupposti oppure c’è la speranza che la situazione non abbia a precipitare. Certo è che i mercati scontano che questo non debba accadere.

D. – Quali sono le principali conseguenze per l’Europa?

R. – L’Europa oggi sta beneficiando massimamente dei bassi prezzi del petrolio. I bassi prezzi del petrolio hanno significato, ad esempio, per il nostro Paese, lo scorso anno, una minore bolletta energetica introno a dieci miliardi di euro. E le tasche delle famiglie si sono avvantaggiate per sette miliardi di euro: ciò ha consentito un aumento della capacità di spesa che si riflette nel fatto che, pur se i consumi aumentano leggermente, certo però sono aumentati, dopo anni e anni, i consumi di petrolio, di benzina, e soprattutto le immatricolazioni di nuove auto. Quindi una situazione di questo genere avvantaggia l’economia italiana, mentre chiaramente la svantaggerebbe enormemente se ci dovesse essere una risalita dei prezzi, che oggi però i mercati sembrano non scontare.

D. – Quindi, in definitiva, cosa ci dobbiamo augurare?

R. – L’augurio è che la diplomazia internazionale – Stati Uniti, la Russia e anche l’Europa – si adoperino in modo rapido, accelerato, per evitare il precipitare delle cose. Siamo sull’orlo di un abisso: nessuno poteva immaginare che una situazione mediorientale già attraversata dal 2010 in poi, con le Primavere arabe, da instabilità politica interna, possa precipitare in uno scontro diretto tra Arabia Saudita e Iran. Siamo quindi nelle mani di chi può adoperarsi perché questo non accada.

D. – Quali diventano le priorità per l’agenda europea e quella italiana, a livello di politica energetica?

R.  – A livello di politica energetica, bisognerebbe che si arrivasse finalmente a una politica energetica europea, che oggi non esiste: al di là dei numerosi volumi che vengono sfornati continuamente, le politiche sono ancora nazionali. Vi è stato negli ultimi anni un ritorno prepotente degli Stati nel governo dei loro sistemi energetici con politiche tra loro discordanti, spesso conflittuali, in cui sono prevalsi gli interessi nazionali, quelli particolari, rispetto a quelli comunitari. Vi è sempre da sperare che questa situazione di criticità, che vediamo lacerare l’Europa su tanti capitoli - a cominciare da quello dell’immigrazione - nell’energia riesca invece a produrre uno scatto di consapevolezza da parte dei Paesi; sapendo che singolarmente non si riesce ad ottenere nulla, mentre invece, unitariamente, l’Europa potrebbe conseguire obiettivi di maggiore integrazione dei mercati, maggiore sicurezza energetica e rispetto ambientale.








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