2016-01-08 12:03:00

Crisi in Venezuela. I vescovi: stop a dispotismo e militarismo


In Venezuela sale la tensione politica dopo che le elezioni parlamentari del 6 dicembre scorso hanno segnato la vittoria, dopo 17 anni, dell’opposizione antichavista. L’attuale presidente Nicolas Maduro conserva il potere esecutivo e la direzione delle Forze Armate ancora per altri tre anni, ma deve convivere con la maggioranza parlamentare del Mud, la Tavola dell’Unità Democratica.

I deputati chavisti hanno presentato una denuncia di fronte al Tribunale Supremo di Giustizia per chiedere la nullità di tutte le decisioni assunte dal parlamento, contestando l'insediamento di tre deputati del Mud. Il caso riguarda tre deputati della regione dell'Amazzonia per i quali il Tribunale Supremo aveva chiesto di sospendere l'insediamento, in seguito ad un ricorso dei chavisti. Ma il nuovo parlamento, che si è insediato questa settimana ed è ora presieduto da un esponente del Mud, Henry Ramos, ha provveduto comunque a farli giurare mercoledì. Con i tre deputati contestati, il Mud raggiunge 112 seggi e ottiene la maggioranza dei due terzi. Intanto i deputati del Mud hanno già convocato una commissione speciale per rivedere la nomina, decisa il mese scorso, di 13 giudici del Tribunale Supremo. Nomina che l’ex opposizione considera una frode per alterare gli equilibri in seno al Tribunale a favore dei chavisti. Da parte sua l'esercito venezuelano ha ribadito "fedeltà assoluta" e "sostegno incondizionato" al presidente Nicolas Maduro.

Intanto, mons. Diego Rafael Padrón Sánchez, arcivescovo di Cumaná e presidente dell'Episcopato venezuelano, aprendo ieri l'Assemblea plenaria dei vescovi, ha parlato della situazione nel Paese dopo le elezioni del 6 dicembre: i risultati elettorali – ha detto - sono un netto "rifiuto al despotismo, al militarismo, all'arbitrarietà e alla corruzione". Lo riferisce l’Agenzia Fides. "È un punto di partenza - ha proseguito - per recuperare lo Stato di diritto, il rinnovamento del Paese, la revisione delle politiche nazionali e della politica internazionale. Ma soprattutto, è una vittoria della volontà popolare che richiede un reale cambiamento in materia di libertà, giustizia, diritti umani, sicurezza ed economia". "La nuova Assemblea nazionale - sottolinea - deve dare risposte soddisfacenti, non perché cambia l'economia, ma perché dovrà correggere gli errori e le procedure irregolari, con misure che possano contribuire alla distensione e alla riconciliazione nazionale, come l'amnistia per i prigionieri politici, il ritorno degli esiliati” e la lotta alla corruzione.








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