2016-01-07 12:49:00

Onu: pronte sanzioni dopo il test nucleare nordcoreano


Cresce la preoccupazione dopo l’annuncio del test nucleare da parte della Corea del Nord. Pronte nuove sanzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu, mentre il presidente statunitense, Barack Obama, ha chiamato i leader di Corea del Sud e Giappone chiedendo una risposta forte e unitaria dalla comunità internazionale. A esprimere timori anche l’episcopato coreano che, attraverso monsignor Lazzaro Heung-Sik You, presidente della Commissione giustizia e pace, ha lanciato un appello alla preghiera. Sulla situazione, Eugenio Bonanata ha intervistato Dario Fabbri, analista di Limes:

R. – Innanzitutto, dobbiamo specificare che non si sa bene di cosa si sia trattato. In Occidente, specialmente gli americani, sono molto scettici riguardo la possibilità che sia stata una bomba all’idrogeno, come è stato annunciato dalle autorità nordcoreane. Resta il fatto che il programma nucleare del Paese continua a progredire: questo è già un dato significativo a livello geopolitico perché la cosa più importante, a quanto pare, è che ormai Pyongyang non ha più intenzione di barattare il proprio programma nucleare, o meglio i test nucleari, in cambio di visibilità, di influenza o anche di derrate alimentari come succedeva fino a qualche anno fa, ma sembra disposta a costruire veramente una bomba da usare come deterrenza nei confronti di qualsiasi futuro attacco contro il Paese.

D. – Quindi, qual è il valore strategico del test? Cosa vuole Pyongyang?

R. – Pyongyang vuole mettersi al riparo da possibili “rivoluzioni colorate” – chiamiamole così, come si usa nell’ex spazio sovietico – o addirittura da un possibile attacco militare della Corea del Sud o del Giappone insieme sostenuti dagli Stati Uniti, che oggi pare una possibilità altamente improbabile, ma che un regno così avulso dalla realtà circostante come la Corea del Nord deve necessariamente tenere in considerazione. La bomba è in assoluto, agli occhi di Kim Jong-un, il migliore deterrente contro sviluppi di questo tipo.

D. – La Cina sembra aver voltato le spalle alla Corea del Nord. È davvero così?

R. – No, questo è impossibile. Per la Cina la Corea del Nord è un cuscinetto fondamentale; non può e non potrà mai voltargli le spalle. Che cosa significa? Senza la Corea del Nord di fatto la Cina arriverebbe a confinare con uno dei principali alleati degli Stati Uniti, ovvero la Corea del Sud. Se la Corea del Nord fosse inglobata in una Corea unita dominata da Seul, nella mentalità dei cinesi gli americani sarebbero a un passo dalla loro nazione. Quindi, ciò che fa la Cina come sempre in questi casi – essendo Kim Jong-un decisamente più intrattabile a quanto sembra del papà – è continuare a premere sul leader affinché non arrivi a un vero e proprio punto di rottura con l’intera comunità internazionale, mantenendo comunque contatti con lo stesso.

D. – Quindi, come possiamo valutare la condanna espressa da Pechino?

R. – La condanna espressa da Pechino probabilmente è dovuta al fatto che i cinesi non sono stati avvertiti in questo caso. Solitamente, quando ci sono questi tipi di test – i primi nel 2006, fino all’ultimo del 2013 – la Cina è sempre stata avvertita dalle autorità di Pyongyang. Invece, a quanto risulta, in questa vicenda non c’è stato un avvertimento. E questo è uno sgarbo molto grave, così viene interpretato – anche correttamente – dai cinesi, visto che di fatto non si possono definire alleati della Corea del Nord in quanto questa non ha essenzialmente alleati, ma sono l’unico Paese che mantiene un vero e proprio canale di comunicazione con Pyongyang.

D. – Cosa dire del ruolo della comunità internazionale in questa fase?

R. – Il discorso è che c’è veramente molto poco da fare nei confronti della Corea del Nord. Anche applicare sanzioni di tipo economico o finanziario ai danni del Paese è molto difficile. Di fatto, la Corea del Nord è un Paese iper-sanzionato. Si arriverebbe a misure come impedire alle navi nordcoreane di attraccare nei porti internazionali, che sarebbe qualcosa di veramente inaudito e probabilmente anche di inutile in questa fase. Ciò che la comunità internazionale può continuare a fare, al di là delle sanzioni, è provare a trattare, a negoziare necessariamente con uno Stato così psicotico e così assolutamente misterioso come rimane la Corea del Nord. Purtroppo, grandi margini di manovra nei confronti di Pyongyang non ci sono.

D. – Cosa ci dobbiamo aspettare in prospettiva?

R. – È difficile da dire in questa fase. Ciò che bisognerebbe scongiurare – ed è complicato da realizzare – è che la Corea del Nord arrivi realmente a costruirsi una bomba. Nella mentalità degli americani In definitiva, cioè di chi guida la cosiddetta comunità internazionale, questo è un fardello che dovrebbe accollarsi Pechino, cioè dovrebbero essere i cinesi a premere oppure a spiegare ai nordcoreani che non è necessario o conveniente costruirsi una bomba. Quindi, la Cina e solo la Cina potrebbe garantire alla Corea del Nord una tale sicurezza militare contro futuri attacchi da parte di potenze straniere così da persuadere Kim Jong-un a non dotarsi della bomba. Ma è evidente che siamo nel campo delle possibilità e degli auspici. Probabilmente, Kim Jong-un non ascolta neanche più di tanto le "sirene" cinesi e cerca di realizzare qualcosa che metta al riparo il suo regime da qualsiasi interlocutore e da qualsiasi antagonista.








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