La Francia ricorda le vittime di “Charlie Hebdo” a un anno dall’attacco terroristico al giornale satirico. Un anniversario che avviene in un clima di tensione, dopo i sanguinosi attentati a Parigi del 13 novembre scorso. Sull’impegno della comunità cristiana a non lasciarsi vincere dalla paura e a costruire ponti di fraternità, Blandine Hugonnet ha intervistato mons. Georges Pontier, arcivescovo di Marsiglia e presidente della Conferenza dei vescovi di Francia:
R. – C’est sûr que c’est délicate cette question de la commemoration…
E’ sicuro che sia una questione delicata quella della commemorazione degli avvenimenti
del 7 gennaio perché rapidamente all’epoca ci si è chiesti quanto tempo sarebbe durato
questo lutto nazionale, questa unità nazionale che si è manifestata in particolare
l’11 gennaio, e ci si è resi conto che si sarebbe spaccata abbastanza velocemente.
Già in occasione del minuto di silenzio nelle scuole c’era stato un insieme di avvenimenti
negativi, e in seguito molto rapidamente si è svegliato il fronte delle rivalità politiche,
“politicanti”… Invece, quello che è importante, è guardare a che punto è oggi il nostro
Paese, un anno dopo, anche dopo gli attentati del 13 novembre scorso; vedere quali
sono le misure, i progressi, o al contrario gli interrogativi, visto che ci sono state
divisioni provocate da questioni ideologiche: subito, il fattore religioso era stato
indicato come fattore pericoloso da alcune correnti nella nostra società. E in tutto
questo anno c’è anche questa tendenza che si esprime, che vuole fare attribuire al
fattore religioso le cause di questi attentati e dei drammi nel mondo. E questo è
qualcosa che contestiamo profondamente: il fattore della fede non è un fattore di
cui dobbiamo avere paura e al contrario bisogna rendersi conto di come sia fonte di
socialità e del vivere insieme.
D. – Qual è la posizione dei credenti oggi?
R. – On est un peu etonnés que sans arrêt des débats sortent …
Siamo un po’ stupiti del fatto che continuamente nascano dibattiti sulla laicità,
la laicità, la laicità… Nessuno mette in discussione, tra i credenti, la laicità dello
Stato, così come si esprime da oltre un secolo e nella quale di fatto ci troviamo
bene; per contro, però, si approfitta di questa situazione per sollecitare una laicizzazione
della società e dunque una rimozione di tutte quelle forme di espressione pubblica
della fede ed è là che si gioca uno degli aspetti dell’involuzione della nostra società.
D. – Cosa è cambiato oggi in Francia dopo gli attentati nel 2015?
R. – Ce qui a essentiellement progressé – c’est bien et c’est dangereux -…
Quello che è essenzialmente progredito - ed è un bene ma è anche pericoloso - è il
fattore della sicurezza. Oggi quello a cui si attribuisce un valore essenziale è che
in nome della sicurezza o della difesa della sicurezza tutto potrebbe essere giustificato.
E’ certo dovere dello Stato di garantire la sicurezza dei suoi cittadini ma da lì
ad avere questo come concetto principale rischia di essere a lungo termine deludente
e pericoloso e possono nascere scissioni gravi.
D. – Un anno fa, il suo appello, insieme ai vescovi francesi, a resistere alla paura: qual è il suo messaggio oggi?
R. – Un an après c’est le constat que notre societé demeure fragile…
Un anno dopo c’è la constatazione che la nostra società rimane fragile, che la nostra
società può “incendiarsi” abbastanza facilmente se non siamo vigili e che dunque la
paura è sempre un fattore negativo perché ci pone gli uni contro gli altri e ci fa
prendere decisioni che a volte sono irrazionali e irragionevoli, e questo è pericoloso.
Bisogna dunque lavorare sempre nella linea dell’incontro, nella linea della fraternità…
Abbiamo bisogno di tutti per riuscire a far vivere bene questo Paese ed è privilegiando
la fraternità piuttosto che la paura che noi arriveremo a superare i momenti difficili
che ci troveremo a vivere in Francia.
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