2016-01-03 11:30:00

Milano: nuovo centro accoglienza per i senza fissa dimora


A Milano, nella Chiesa di Via della Pace, è stato aperto un nuovo centro per l’accoglienza delle persone senza fissa dimora per l’intero periodo invernale. E’ una delle iniziative del Progetto Arca, l’associazione che dal 1996 si occupa delle persone che vivono in strada. Secondo gli ultimi dati dell’Istat, le persone senza dimora sono in aumento e a preoccupare è soprattutto la loro età media, pari a 44 anni: uomini e donne nel pieno dell’età lavorativa che non trovano uno sbocco professionale. Nell’ultimo anno sono state aiutate più di 44 persone, tra senza fissa dimora, profughi, anziani e famiglie. Il presidente del Progetto Arca, Alberto Sinigallia, al microfono di Maria Cristina Montagnaro, spiega di cosa si tratta:

R. – E’ una Chiesa all’interno del Policlinico di Milano, che non veniva usata e che abbiamo adibita a dormitorio. Le persone che entreranno in questo dormitorio sono senza dimora e stazionano e dormono nei sotterranei del Policlinico.

D. – Il vostro, quindi, è un ricovero notturno?

R. – Sì, ma finalizzato ad un reinserimento sociale. E’ un primo passo per avere una relazione con le persone e dove faranno anche cena e colazione. Durante il giorno, invece, andranno in uno dei nostri dormitori in cui ci sono gli assistenti sociali e gli psicologici e dove è presente lo sportello lavoro e in cui poter iniziare un recupero. La scommessa è proprio quella: prendere le persone croniche, che sono cioè anni che stazionano nel Policlinico, per fare un percorso insieme a loro di reinserimento sociale.

D. – Qual è il motivo scatenante per cui queste persone si ritrovano a vivere in queste condizioni?

R. – Negli ultimi anni, forse negli ultimi due, c’è stato un grande aumento dovuto agli sfratti, che sono in grandissimo aumento: per cui troviamo intere famiglie che vengono nei dormitori e nelle mense; una volta era molto difficile trovare i bambini nelle mense, adesso è invece all’ordine del giorno. Un’altra causa sono le separazioni e le crisi emotive e quindi sicuramente i padri separati. La crisi economica è un altro fattore fondamentale che ha portato all’aumento degli italiani e delle famiglie: gli ultimi dati riguardo all’indigenza dicono che gli stranieri sono in leggero calo, mentre gli italiani sono in grande aumento.

D. – Che cosa si può fare per aiutare queste persone a superare i momenti di difficoltà?

R. – Bisogna dare loro un momento di serenità iniziale, durante la quale – attraverso un processo di residenza - possano andare a contattare la parte più intima di se stessi, dando così un obiettivo al recupero: se non c’è questo noi non possiamo aiutarli. La vera leva è la volontà del recupero che possono trovare dentro di loro. Noi possiamo aiutarli con un qualcosa di esterno, che può essere la casa, la serenità, i colloqui dello psicologo o dell’assistente sociale, a trovare questo punto di ripartenza. Ma il punto di partenza possono essere soltanto loro.

D. – Ci può raccontare una storia a lieto fine di cui siete stati testimoni?

R. - Una in particolare di una integrazione di un rifugiato politico che ha trovato un lavoro, che ha fatto il ricongiungimento familiare, ha avuto anche un figlio in Italia: attualmente lavorano sia la moglie che il marito, hanno tre figli, hanno trovato casa e sono addirittura riusciti ad ottenere un mutuo.








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