2015-12-29 16:53:00

Belgio: sventati attentati, arrestate due persone


In Europa resta alta l’allerta per la minaccia terroristica. In Belgio sono state arrestate due persone nell’ambito di un’operazione condotta dalle forze di polizia. Un uomo e sua moglie sono stati inoltre giudicati colpevoli da un tribunale di Londra per aver pianificato un attentato terroristico nella capitale britannica. In Iraq, intanto, il premier al Abadi si è recato in visita a Ramadi, città riconquistata ieri dall’esercito iracheno. In Siria poi è stato ucciso un uomo legato agli attentati di Parigi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

In Belgio è stata sventata una seria minaccia. Sono state arrestate due persone che, secondo fonti di stampa, avrebbero pianificato attentati per colpire diversi luoghi di Bruxelles, tra cui il quartier generale della polizia, durante le feste di fine anno. Nelle perquisizioni non sono state trovate armi, ma uniformi di tipo militare e materiale di propaganda jihadista. Intanto in Iraq il premier al Abadi si è recato in visita a Ramadi, la città quasi interamente riconquistata ieri dalle forze di Baghdad dopo essere stata occupata per 7 mesi dai miliziani del sedicente Stato islamico. Il primo ministro iracheno ha annunciato che nel 2016 sarà liberata anche Mosul,  principale bastione jihadista in Iraq. Sarà determinante, secondo il vicepremier Zebari,  il contributo dei peshmerga curdi. In Siria inoltre è stato ucciso, in seguito ad un raid compiuto lo scorso 24 dicembre, un uomo legato agli attentati di Parigi. Si tratta di un miliziano del cosiddetto Stato islamico, soprannominato ‘Souleyman’. Auspicava infine un attacco terroristico a Roma e voleva raggiungere i combattenti jihadisti in Siria un marocchino espulso oggi dall’Italia su provvedimento del ministro dell'Interno Angelino Alfano. A segnalare l’uomo alle forze dell'ordine è stato il fratello.

La lotta al terrorismo avanza sempre di più anche on line, specie tra gli attivisti di Anonymous. Del giorno di Natale il loro annuncio di aver sventato un attentato in Italia e  la promessa: “Cancelleremo 1000 account sospetti al giorno”. Ma quanto sono attendibili e come possono contribuire gli hacker in una battaglia globale all’Is? Gabriella Ceraso ne ha parlato con Matteo Flora esperto di monitoraggio e sicurezza informatica:

R. – Che cosa possono fare? In genere, molto. Perché si può rilevare tutta una serie di segnali, account – quindi profili – sui vari social network, sistemi di comunicazione, e si possono rilevare anche persone. In genere, però, questo tipo di analisi deve poi avere il supporto locale delle forze dell’ordine che intervengono.

D. – Sarebbero in grado di sventare un attentato?

R. – E’ possibile, se l’attentato si basa – ad esempio – su una sofisticata rete di comunicazione che può essere bloccata, e a poche ore dall’attentato il fatto di distruggere i canali di comunicazione che vengono utilizzati e che magari sono stati creati mesi prima, potrebbero a tutti gli effetti compromettere l’azione di terrorismo.

D. – Per quale motivo si combatte l’offensiva di Anonymous?

R. – Sono sempre legati a un concetto esteso di libertà, quindi Anonymous agisce su tutti i regimi repressivi o regimi di terrore. Che siano regimi nazionali o che siano in questo caso attacchi terroristici, poco cambia.

D. – A che livello è la collaborazione con le autorità?

R. – Storicamente è sempre stata molto complessa, sia perché Anonymous non condivide buona parte dei suoi risultati in maniera preventiva con l’Intelligence sia perché comunque, viste le diverse persecuzioni dei membri del collettivo in buona parte del mondo, non esiste un regime di grande fiducia tra l’identità collettiva di Anonymous e gli inquirenti. Spesso proprio non esiste il contatto, cioè i dati che Anonymous rilascia sono spesso rilasciati direttamente al vasto pubblico e l’Intelligence è solo una delle realtà che usufruisce di questi dati.

D. – L’obiettivo – quelli di Anonymous lo hanno ribadito – è quello di rallentare la propaganda dell’Is on line. Ma di tutta risposta gli esperti cosiddetti dell’Is non sono rimasti a guardare: hanno diffuso on line addirittura dei manuali per difendersi. Vuol dire che è una lotta tra pari? E’ una lotta informatica, quella che stiamo vivendo?

D. – Stiamo parlando di un conflitto telematico a tutti gli effetti; stiamo parlando, in realtà, di un conflitto che vede contrapposti diversi tipi di organizzazioni. Senza ombra di dubbio, parte di questo conflitto digitale consiste in operazioni volte a manipolare l’opinione pubblica, da una parte e dall’altra. E secondo me, questi sono in realtà il tipo di attacchi che porterà a maggiori risultati.

D. – L'Is ha altrettanti esperti in questo campo?

R. – Bè, da questo punto di vista sì: pare ovvio. Basta vedere anche solo come si muovono gli organi di comunicazione: l’ultimo spot diffuso su Daesh potrebbe essere benissimo un provino di un nuovo gioco di ultima generazione. Le tecniche utilizzate – di montaggio, di analisi, di grafica – non hanno nulla da invidiare alle migliori produzioni cinematografiche e televisive. Non dimentichiamo che non stiamo parlando di beduini del deserto, come tanta gente si immagina Daesh operativa; ma stiamo parlando di una rete internazionale che ha a disposizione moltissimi agenti sul territorio con un livello di istruzione elevato, se non elevatissimo, professionisti nel loro ambito che semplicemente si votano a una causa.








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