2015-12-28 13:51:00

Il dramma dei cubani bloccati, paradosso delle nuove regole


Ieri, al termine dell’Angelus in piazza San Pietro, un pensiero di Papa Francesco è stato rivolto ai cubani che si trovano in difficoltà in Centroamerica e che spesso cadono vittima dei trafficanti di esseri umani. Sono circa ottomila, infatti, i migranti che da Cuba non riescono a entrare negli Stati Uniti da Nicaragua, Costa Rica e Panama. Da dove nasce questa situazione? Roberta Barbi lo ha chiesto al collega Luis Badilla, esperto di questioni latinoamericane: 

R. – La questione nasce da questa realtà: con l’avvicinarsi degli accordi diplomatici definitivi tra Stati Uniti e Cuba, appare evidente che finiranno anche le leggi speciali statunitensi che garantiscono asilo politico e trattamento speciale a qualsiasi cubano che arrivi sul territorio statunitense. Prima che questi accordi diplomatici – dei quali nei giorni scorsi è ricorso il primo anniversario – finiranno definitivamente, perché si normalizzeranno pienamente le relazioni tra Cuba e Stati Uniti, da mesi molti cubani, approfittando del fatto che ora si può uscire dal Paese liberamente, sono “usciti” come turisti, in particolare verso l’Ecuador, ma sono usciti con l’intenzione poi di migrare – come sta ormai succedendo da mesi – verso gli Stati Uniti, cercando di entrare prima che le leggi speciali che favoriscono l’accoglienza dei cubani vengano derogate. Per arrivare negli Stati Uniti, però, devono transitare in America centrale: questi Paesi poveri, piccoli e mal organizzati – come il Nicaragua, la Costa Rica e Panama – si sono visti arrivare, dalla sera alla mattina, migliaia e migliaia di cubani che non possono entrare negli Stati Uniti, perché gli Stati Uniti hanno regolamentato un po’ la situazione di fronte all’emergenza, ma questi Paesi non sono in grado di mantenerli.

D. – Molte di queste persone – ricordiamo che ci sono intere famiglie con bambini – si trovano in stato di fermo temporaneo, mentre alcune sono state già rimpatriate…

R. – È proprio così e molte si trovano in quella situazione. Quindi, l’appello ieri del Papa ha sorpreso molti, perché purtroppo in Europa di questa questione non si è parlato. Eppure, sono 200 mila i cubani che stanno vivendo questo. molti sono riusciti a passare, ma 8-9-10 mila sono lì “parcheggiati”. Quello che il Papa ha detto ieri è che i governi locali del Centroamerica, ma anche gli Stati Uniti e la stessa Cuba, devono trovare un accordo per risolvere questo problema, in attesa che le leggi negli Stati Uniti vengano o confermate o derogate. Altrimenti, la tentazione di molti cubani sarà quella di cercare di arrivare negli Stati Uniti comunque, prima della fine di queste leggi speciali.

D. – Il fenomeno delle crisi migratorie in questo momento non riguarda solo l’Europa, come troppo spesso si pensa…

R. – No, non riguarda solo l’Europa. Noi ben sappiamo che quell’area lì – dove tra l’altro andrà il Papa nel mese di febbraio, Ciudad Juárez – viene chiamata la “Lampedusa d’America” e con questo diciamo subito di che cosa si tratta. Ma questo specifico dei cubani è un problema fra L’Avana e Washington, che nel contesto degli accordi che stanno negoziando deve essere risolto. Il problema è che gli americani non avevano calcolato questa realtà e cioè che si sarebbero trovati con 200 mila cubani – queste sono le stime – che dalla mattina alla sera si sarebbero presentati. Questa è una cosa completamente nuova, che nasce dalla normalizzazione degli accordi: è questo il paradosso...

D. – La Chiesa si è molto mobilitata per chiedere l’apertura di corridoi umanitari. Quali sono le speranze?

R. – La Chiesa cubana, attraverso il suo presidente, mons. Dionisio García, arcivescovo di Santiago de Cuba, ha scritto a tutti i vescovi dell’America centrale chiedendo loro che si mobilitassero affinché i governi locali affrontassero l’emergenza umanitaria in attesa di una soluzione giuridica. Il problema è che oltre a chiederlo la Chiesa cubana, e oltre alla buona disponibilità degli episcopali locali dell’America centrale, sono tutti Paesi molto poveri che non si possono permettere di far entrare così, dalla mattina alla sera, migliaia di persone, alle quali garantire cibo, alloggio, protezione per i bambini, assistenza medica… E' un problema dovuto anche alla povertà di questi Paesi.








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