2015-12-26 10:30:00

Nigeria. Onaiyekan: cristiani e musulmani vittime di Boko Haram


Dalla Nigeria arrivano quasi quotidianamente notizie di attentati e di violenze, per lo più perpetrati dal gruppo di matrice islamica Boko Haram. A provocare vittime ora sono anche ragazzini kamikaze coinvolti, in maniera inconsapevole, in azioni di morte. Ma come vivono quest’anno i cristiani di quel Paese la rinnovata nascita di Gesù? Adriana Masotti lo ha chiesto al cardinale John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, la capitale della Nigeria, che nei giorni scorsi ha aperto la Porta Santa nella Cattedrale:

R. – Questo dipende da dove una persona si trova. Per esempio io mi trovo qui, ad Abuja e la mia vita scorre normalmente, senza problemi. Ci sono dei posti di controllo qua e là sulle grandi vie; abbiamo le solite misure di sicurezza nelle Chiese. Il giorno di Natale sono andato in prigione a visitare i prigionieri del carcere centrale di Abuja: anche quest’anno l’ho fatto. Prima di Natale, con un buon numero di sacerdoti, suore e fratelli, siamo andati a visitare due campi profughi: siamo andati a trovarli e abbiamo portato loro tanti viveri e indumenti. Sono cristiani e musulmani e sono tutti insieme, perché sono tutti vittime del terrorismo del Nord. È una cosa che fa molta impressione: vedere questa gente povera, le donne che si coprono con gli abiti musulmani e le donne cristiane che si vedono con il Rosario intorno al collo. Sono tutti nella stessa folla, tutti accumunati dal fatto che sono dovuti fuggire dalle loro case. 

D. – Quindi cristiani e musulmani vittime dell’estremismo. Lei diceva: dipende da dove ci si trova. Dove, allora, c’è più difficoltà a vivere?

R. – Sempre nella zona del Nord-Est. Anche se le forze dell’ordine hanno ottenuto qualche successo nel controllo del gruppo Boko Haram, non direi che la zona è ancora sicura. I combattenti di Boko Haram girano con le armi e attaccano qua e là, anche se i soldati nigeriani cercano di controllarli. Ciò vuol dire che il problema di Boko Haram non si risolve solo con la risposta armata da parte delle nostre forze dell’ordine, ma ci vorrebbe, secondo me, un maggiore sforzo nella linea del dialogo, della discussione politica, affinché i leader di questo gruppo di terroristi si convincano di smettere di continuare a causare problemi alla gente nella zona.

D. – Qual è il messaggio che lei hai dato e che dà alla sua gente in queste feste natalizie?

R. – Il messaggio è puntato sull’argomento del Natale, della pace e della gioia, ma ho parlato anche del fatto che tutto ciò viene posto nel contesto dell’Anno della Misericordia. E dobbiamo cogliere questa occasione di chiedere la Misericordia di Dio su noi tutti e sul nostro Paese, perché non ci siamo comportati bene tra di noi: c’è stata troppa violenza, conflitti, morti… È tempo di chiedere il perdono di Dio. Poi anche noi, nell’Anno della Misericordia, dobbiamo essere misericordiosi: tutto il discorso del perdono del prossimo, della riconciliazione nazionale, persino il gruppo di Boko Haram non si deve escludere. Poi in Nigeria, oltre alla sicurezza, è molto importante il tema della corruzione: c’è tanta gente che ha rubato miliardi e miliardi di dollari. Ora dobbiamo cercare di convincerli a pentirsi e a restituire i soldi rubati. Ma il discorso del perdono sia per i corrotti sia per i Boko Haram, non è un discorso facile da fare in Nigeria. In ogni caso, non abbiamo comunque dimenticato di dire alla nostra gente di spargere il messaggio dell’Anno della Misericordia ai loro amici e connazionali, perché vogliamo che tutti siano missionari della misericordia, che raccontino come è buono il Signore e come dobbiamo cercare di essere buoni gli uni con gli altri.








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