2015-12-25 08:23:00

Natale in Terra Santa. P. Pizzaballa: superare paura dell'altro


Natale ci dice “che camminiamo verso un futuro, forse drammatico, faticoso” ma “che ha un unico volto: quello della misericordia del Padre”. A sottolinearlo è il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa. Nelle sue parole, raccolte da Giada Aquilino, il significato del Natale nei luoghi di Gesù, nell’Anno Santo della Misericordia:

R. – Stiamo constatando che è un Natale un po’ povero: povero di pellegrini, di movimento - e quindi sarà povero per molte famiglie soprattutto cristiane che vivono dei pellegrinaggi - perché molti hanno deciso di restare a casa per paura della situazione politica. Nonostante la povertà, comunque, il Natale resta sempre un momento di gioia, di festa che ci dice che non dobbiamo demordere, che celebriamo una vita che rinasce, che deve essere non solo quella di Gesù di duemila anni fa ma anche la nostra oggi.

D. - Come accostare quindi la gioia del Natale alla violenza che sconvolge la Terra Santa?

R. - È vero: quando tutto intorno a noi sembra parlare di morte, di violenza, è molto difficile parlare di gioia, sembra di essere fuori dal tempo, dalla storia. Ma il Natale è proprio questo: il Natale è Dio che entra nella nostra storia e dà un senso diverso. E noi cristiani vogliamo fare questo, cercando di ricostruire nel nostro piccolo contesto un modo diverso di stare qui, di relazionarci con il mondo, di fare delle piccole cose: gesti di vita e non di morte.

D. - Lei nel suo messaggio di Natale ha sottolineato che c’è purtroppo un sentimento che si vive in questo periodo, c’è paura dell’altro. Perché? E come superarlo?

R. – È quello che si constata girando un po’ dappertutto: gli ebrei hanno paura degli arabi, gli arabi hanno paura degli ebrei, l’Occidente ha paura dell’Oriente e viceversa. Tutti hanno paura di qualcuno e questo “altro” è diventato quello che ci ruba anche la speranza del futuro, la sicurezza, tutto insomma. Bisogna superare questa mentalità e questa prospettiva che ci chiude e che non ha alcuno sbocco. Dobbiamo innanzitutto partire da noi stessi, avere fiducia: Dio ha avuto fiducia in una circostanza terribile duemila anni fa, ma non meno terribile di oggi; ha avuto fiducia dell’uomo, nascendo, mettendosi in gioco. Così anche noi dobbiamo continuare a costruire nel nostro piccolo contesto uno stile diverso di vita.

D. – Come lo testimoniano i cristiani di Terra Santa?

R. – Sono molto orgoglioso di vedere questi cristiani che, nonostante tutto, sanno fare festa: famiglie, bambini cercano comunque di fare festa, di esprimere la loro gioia di essere cristiani e di essere qui nonostante tutto. E lo fanno anche con tanta solidarietà: è molto bello vedere che, nonostante questa povertà, non solo economica, ma della situazione in genere, fanno collette di solidarietà per i loro fratelli in Siria soprattutto. Si ricordano anche degli altri.

D. – Un appello allora ai pellegrini a venire in Terra Santa, soprattutto nell’Anno Santo della Misericordia che il Papa vuole sia un Giubileo delle Chiese particolari…

R. – Il mio invito è quello di venire in Terra Santa. Innanzitutto vorrei dire che il pellegrinaggio in Terra Santa è sicuro, non c’è alcun pericolo ed è un modo molto bello di fare esperienza della misericordia, di vedere come Dio ha avuto misericordia di noi, nascendo e incarnandosi in questa terra. Venire qui ci fa prendere coscienza di ciò.

D. – Nel giorno del Giubileo della Famiglia, festa della Santa Famiglia, l’apertura della Porta Santa della Basilica dell’Annunciazione a Nazareth che segno è?

R. - È un segno in continuità con quello che abbiamo fatto al Getsemani, dove la Porta Santa è stata aperta il 13 dicembre scorso. Ci ricorda il passaggio che tutti dobbiamo fare: il Getsemani, il Calvario, la Risurrezione che arriverà certamente, la Croce come un passaggio fondamentale anche per la nostra vita di fede, che è il simbolo della misericordia del Padre. Con Nazareth celebriamo un altro aspetto: la famiglia. Non si può parlare di misericordia nel mondo, nella vita sociale, se prima non si parte dalla famiglia. Con l’apertura della Porta Santa a Nazareth vogliamo mettere in connessione in maniera particolare la misericordia e la famiglia.

D. – Cosa significa essere famiglia oggi in Terra Santa?

R. – Oggi, come in tutto il mondo, anche qui essere famiglia è una grande sfida perché c’è la tendenza a rimandare il fare famiglia o comunque a non scommettere con un impegno definitivo come quello della famiglia, come quello dei figli. Oggi fare famiglia significa credere. È un segno molto concreto di fiducia nella vita, nel futuro e capacità di volersi bene, amarsi, perdonarsi per costruire qualcosa insieme.








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