2015-12-24 11:59:00

Banca Marche, card. Menichelli: disposti a dare una forma di sollievo


“La Commissione ha dato la sua interpretazione discrezionale. E noi crediamo sia stata poco saggia". Lo ha detto il sottosegretario Sandro Gozi a proposito della lettera di Bruxelles su banche e salvataggi. Intanto continua la mobilitazione degli azionisti delle quattro banche salvate dal governo. Tra questi ci sono i risparmiatori di Banca Marche. Alessandro Guarasci ha sentito l'arcivescovo di Ancona-Osimo, il card. Edoardo Menichelli:

R. – Credo che non sia un Natale gioioso. Tuttavia credo fosse necessario elaborare un pensiero, di modo che queste e tante altre ferite delle famiglie potessero trovare, alla luce del Natale, una qualche solidarietà. Dobbiamo passare dalla insensibilità o dall’indifferenza alla conversione, e dalla conversione alla solidarietà.

D. – Si attende anche un intervento delle autorità centrali per aiutare queste famiglie in qualche modo?

R. – Certamente, ci saranno percorsi legislativi, percorsi di responsabilità, su cui erano chiamate a pronunciarsi le istituzioni preposte. Non credo sia pensabile una cosa specifica, ma come la Chiesa fa per tante altre povertà, tante altre situazioni difficili, è probabile, pensabile che si possa dare qualche sollievo, anche se non esaustivo, pure a questa situazione. Dico sollievo, non riparazione, perché la parola “riparazione” forse diventa più complessa e più impegnativa naturalmente.

D. – In una Regione come le Marche, fortemente attiva, dove c’è un’imprenditoria molto diffusa, spesso a conduzione familiare, secondo lei quanto è importante il credito, per creare benessere e un’economia positiva, potremmo dire?

R. – Spero proprio che questo possa verificarsi. Gli istituti di credito, come volgarmente si chiamano le banche, devono gestire il denaro che i clienti “affidano” a queste istituzioni, in modo tale che ci sia un ritorno positivo per tutta la società. Faccio un riferimento che non è relativo a questo fatto, ma quante cosiddette azioni di minicredito, anche attraverso la Caritas o ad alcune istituzioni bancarie - anche come diocesi - si sono fatte non solo da noi, ma anche altrove. Dall’altra parte, bisogna che tutti noi si recuperi un nuovo rapporto con il denaro, perché pare che il denaro abbia preso una “sedia” troppo grande, una “sedia” pesante che non lo invita più ad essere un bene di servizio e un bene di aiuto, ma un bene di potere, un bene di asfissia sociale. Questo lo si può rintracciare ovunque, sia nelle grandi sedi come anche nelle piccole realtà.

D. – Questo cosa comporta?

R. - Il desiderio di fare quattrini senza lavorare è un desiderio imperioso, che ha toccato il cuore delle persone e ha stuzzicato anche la furbizia delle persone. Ma il denaro non è un dio che soddisfa o che salva: il denaro è un dio che schiavizza e poi ti abbandona. Allora è necessario che veramente ci sia un recupero di sapienza, personale e collettiva; che questo bene debba essere celebrato e vissuto come un bene a vantaggio delle persone, delle famiglie, dell’attività produttiva, delle situazioni di debolezza, del welfare sano. Ma il lavoro è lungo, perché dobbiamo liberarci prima: dobbiamo prima convertirci, come dice Papa Francesco, poi si può realizzare questa novità, che sicuramente rallegrerà la vita di tanti.








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