2015-12-18 14:50:00

Migrantes e Centro Astalli: accompagniamo cammino dei migranti


Chi diventa rifugiato oggi ha le probabilità di tornare a casa più basse degli ultimi 30 anni. Lo dichiara l’Alto commissariato Onu per i rifugiati in occasione della Giornata internazionale del migrante, sottolineando che in tutto il mondo sono in aumento le migrazioni forzate. Un grazie a chi contrasta il traffico di migranti arriva dal presidente della Repubblica italiana: nel giorno in cui si contano ancora vittime dei naufragi, Sergio Mattarella chiede che il Mediterraneo torni un mare di pace. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

“Tanti bambini riescono ad arrivare e tanti no”. Le parole del Papa, ieri, hanno avuto ulteriore conferma con la morte nell’Egeo di altri due bimbi, iracheni, vittime del naufragio di un’imbarcazione diretta dalla Turchia sull’isola greca di Kos, morti loro come gli adulti che cercavano di portarli in salvo. Celebrare la Giornata internazionale del migrante dovrebbe ricordare a tutti l’enorme potenziale umano che queste persone rivestono per le società più ricche e sviluppate, affette da un cronico e inesorabile calo demografico. Eppure, anche quest’anno si procede al conteggio delle vittime e di chi fugge da guerre, persecuzioni e calamità naturali, così come alla registrazione delle polemiche politiche tra i vari partner europei, più preoccupati della salvaguardia dei loro confini che della sorte di migliaia e migliaia di “innocenti”. “Con i bimbi morti nel Mediterraneo muore il nostro futuro”, ha avvertito mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei:

“La centralità della persona migrante è l’aspetto fondamentale da ricordare in questa Giornata, che chiede certamente un rispetto del cammino di queste persone, un accompagnamento nel cammino di queste persone perché, soprattutto i più deboli, i più fragili, come i 700 e più bambini che sono morti nel Mediterraneo, possano raggiungere un altro Paese in sicurezza fuggendo da Paesi che invece sono in guerra, che vivono un disastro ambientale o una persecuzione religiosa. Quindi, è una Giornata di responsabilità nei confronti dei migranti che, tra l’altro, sono una risorsa importante per il nostro futuro e per quello dell’Europa, che avrà bisogno di almeno 20 milioni di lavoratori nei prossimi anni. Il volto di questi giovani, la loro storia, possono essere il volto e la storia del futuro dell’Europa”.

Il 2015 è stato l’anno record, ci ricorda Medici senza frontiere, perché è dalla Seconda Guerra mondiale che non si registrava un numero così alto di sfollati, richiedenti asilo e rifugiati: 60 milioni. A breve, stime Oim, si raggiungerà il milione di migranti arrivati via terra e via mare in Europa e “non saranno certo né il freddo né le cattive condizioni del mare a bloccare il flusso, proveniente soprattutto dalla Siria”. Le richieste di asilo a metà del 2015 erano già il 78% in più dello stesso periodo del 2014, ma  l’anno che sta per chiudersi, prevede Msf, “sarà purtroppo ricordato soprattutto per l’incapacità dei governi di rispondere in modo adeguato a questa emergenza umanitaria che non può essere affrontata come un problema di sicurezza”. Ancora mons. Perego:

“Purtroppo, l’Europa pensa di ritrovare la propria sicurezza soprattutto alzando i muri e non valorizzando invece le sue frontiere, come una strada in sicurezza in cui camminano i migranti per raggiungere i vari Paesi europei, per trovare nuove situazioni di vita, protezione e magari per incontrare i propri familiari o le proprie comunità. Forse, dovrebbe essere questo il primo aspetto su cui l’Europa dovrebbe, a partire dalla sua Costituzione e dalla democrazia che la anima, ritrovare la propria unità, perché tutte le volte che abbiamo fatto crescere ed innalzare i muri, subito dopo li abbiamo distrutti non risolvendo niente. Forse, oggi è importante che ci siano invece strade, canali umanitari che possano far viaggiare in sicurezza le persone non vittime di tratta e possano essere così salvaguardate le vite e le storie di tante persone che, ripeto, sono il futuro dell’Europa. Gli "hotspots" di cui si parla – che dovrebbero essere centri collocati alla frontiera, dove si fa l’identificazione ma si rischia di fare anche il respingimento delle persone – rischiano di essere dei Cie in nuova versione, cioè carceri a cielo aperto e non luoghi di tutela di un diritto fondamentale che è quello alla protezione internazionale”.

E’ l’Alto Commissario per i Rifugiati Antonio Guterres a ricordare che “le migrazioni forzate hanno una grande influenza sui nostri tempi” e che non c’è mai stato così tanto bisogno di tolleranza, compassione e solidarietà con le persone che hanno perso tutto". Ma il dibattito politico non prevede compassione verso queste persone, ma soltanto polemiche sulla raccolta delle loro impronte per il riconoscimento, sul corpo di guardie di frontiera dell’Ue e sulla necessità di accelerare hotspots, ricollocamenti e rimpatri. Padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati:

“Purtroppo, l’impressione è che non si veda molto questa comprensione, questa empatia, soprattutto con queste persone. Siamo più preoccupati di difendere le nostre frontiere, di difendere i nostri confini, piuttosto che di difendere queste persone che scappano da situazioni tragiche e che hanno perso tutto. Tutti sono d’accordo sul fatto che sia importante identificare delle persone, ma molto più importante è accompagnare i drammi che queste persone hanno vissuto. E quindi bisognerebbe avere un programma complessivo su queste persone, non semplicemente l’identificazione e poi abbandonarle a loro stesse. Infatti, l’aspetto del ricollocamento è ancora tutto in alto mare perché poi gli Stati dell’Europa non riescono a trovare la quadra, l’accordo su come fare, su come ridistribuirli, anche se poi sulla carta questi accordi erano stati trovati. Io spero che il Giubileo della Misericordia, come dice spesso il Papa, faccia convertire la misericordia di Dio per noi, faccia convertire il nostro cuore e si diventi tutti più accoglienti e aperti a quella umanità sofferente che continuamente bussa alle nostre porte”.

Un appello a firmare e ratificare la Convenzione internazionale sulla tutela dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie è arrivato dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha ricordato come a oggi lo abbia fatto solamente un quarto degli Stati membri delle Nazioni Unite. Il 2015 “verrà ricordato come un anno di sofferenza umana e di tragedie dei migranti”, scrive Ban, che chiede “di accrescere i canali sicuri per i migranti regolari, inclusi coloro che viaggiano per ricongiungersi con le loro famiglie, per mobilità di lavoro a qualsiasi livello, per opportunità di reinsediamento e di istruzione di bambini e adulti”.








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