2015-12-17 13:38:00

Centrafrica: ribelli annunciano la secessione del Nord


Il colonnello Moussa Terap, portavoce dell’ex coalizione ribelle Seleka, ha proclamato la nascita della “Repubblica di Logone” nelle aree del Nord del Centrafrica. Il governo di transizione della Repubblica Centrafricana ha condannato la dichiarazione mentre si prepara alle elezioni presidenziali del 27 dicembre, che si spera riportino la pace dopo due anni di guerra civile. A fine novembre, Papa Francesco nella sua visita in Centrafrica aveva lanciato un forte appello alla riconciliazione. Per un commento sulla situazione, Marco Guerra ha intervistato Enrico Casale, redattore della rivista “Africa” dei Padri Bianchi:

R. – Intanto va detto che Moussa Terap non parla per conto proprio, ma parla per conto del capo ribelle musulmano, Nouredine Adam, l’ex numero due delle formazioni ribelli della Seleka. Alle sue spalle c’è un movimento che si oppone o, comunque, vuole rallentare la fase di transizione, che si sta vivendo in questo momento. Non mi sentirei dire che è una boutade. E’ certamente una notizia da prendere sul serio, anche se probabilmente non è da prendere troppo sul serio, nel senso che, comunque, questo movimento può essere ancora stoppato, può ancora essere messo ai margini. Come si è visto, anche le truppe della missione di pace dell’Onu sono intervenute proprio per bloccarlo. Certo, è il sintomo del fatto che non è in corso una pacificazione, ma ci sono ancora delle forti tensioni all’interno del Paese.

D. – Lo stesso Moussa Terap avverte che il Paese deve essere diviso proprio per garantire la pace. Perché?

R. – Certamente la parte Nord e Nord-Est della Repubblica Centrafricana sono fuori controllo, non dal momento in cui è scoppiata la crisi, ma da molto prima. Già i vecchi governi non riuscivano a gestire l’intero Paese e spesso queste regioni erano teatro di scorrerie e di ribelli, non erano zone sicure. E certamente questa zona a Nord è una zona diversa dal punto di vista religioso ed etnico rispetto a quella del Sud: c’è una maggioranza musulmana nelle regioni del Nord, Nord-Est. Da queste regioni sono scesi i ribelli della Seleka. C’è, quindi, una distinzione. Questo, secondo me, non giustifica una secessione delle regioni del Nord. Questa secessione delle regioni del Nord probabilmente ha altre motivazioni di tipo economico, per lo sfruttamento delle risorse, che ci sono in loco.

D. – Il tentativo secessionista arriva dopo pochi giorni dal referendum sulla nuova Costituzione, mentre le elezioni presidenziali sono in agenda per il 27 dicembre. Con quali presupposti si svolgeranno queste elezioni?

R. – Il clima non è mai migliorato nella Repubblica Centrafricana: è un clima di tensione tra la comunità musulmana e la comunità cristiana, dietro la quale si nascondono degli interessi forti per la gestione delle risorse naturali del Paese. Penso all’uranio, penso all’oro, penso anche al legname pregiato. Io temo che anche queste elezioni non solo possano scatenare nuove tensioni, ma non riescano a risolvere completamente la crisi del Centrafrica.

D. – Dopo la visita di Papa Francesco e l’apertura della Porta Santa si erano alimentate tante speranze. E’ ancora importante il ruolo che può giocare la Chiesa in questo Paese?

R. – Sì, io penso che sia determinante. Lo si è visto nel passato, quando l'arcivescovo di Bangui ha più volte aperto al dialogo con la comunità musulmana, e lo si è visto soprattutto con la visita di Papa Francesco al quartiere musulmano, quando è entrato nella Grande Moschea di Bangui, ha teso una mano alla comunità musulmana e ha chiesto la pacificazione del Paese. Quello è stato certamente un grande gesto, un grande messaggio. Tutto sta nel vedere quanto riusciranno a recepirlo le milizie sul territorio e quanto gli interessi contrapposti, che sono dietro a queste milizie, possano ricomporsi. Soltanto da questo, a mio parere, passa una reale pacificazione del Paese.








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