2015-12-14 14:14:00

Libia: intesa su governo di unità, Tripoli e Tobruk contro l'Is


Formazione di governo di unità nazionale libico il 16 dicembre, insediamento a Tripoli entro 40 giorni e appello per un cessate il fuoco immediato. È quanto concordato ieri a Roma alla Conferenza internazionale sulla Libia, a cui hanno preso parte i rappresentati dei parlamenti di Tripoli e Tobruk, gli esponenti di 17 Paesi Occidentali e del mondo arabo, l’Onu, l’Ue e la Lega Araba. Fra le varie parti libiche restano delle divisioni ma l’avanzata del cosiddetto Stato Islamico verso l’interno del Paese nord-africano ha spinto i due governi rivali a collaborare con il sostegno della comunità internazionale. Marco Guerra ne ha parlato con Gabriele Iacovino, analista del Centro Studi di politica internazionale:

R. – L’auspicio è che sia un accordo, in prima battuta, più duraturo rispetto a quelli finora sottoscritti. Il segnale è importante, anche perché mai vi era stato un incontro di così alto livello tra tutti gli attori internazionali interessati e impegnati in Libia in questo momento per sostenere un accordo politico condiviso. L’intesa prevede un governo di unità nazionale che veda rappresentanti sia del Parlamento di Tobruk sia di quello di Tripoli, più altre figure indipendenti. Il problema è sempre stato un po’ il bilanciamento tra queste realtà politiche e lo “sharing”, la condivisione  di potere. Vediamo se in questa occasione l’accordo reggerà maggiormente e se potrà essere condiviso tra le varie realtà politiche e tribali libiche. Rimangono molti punti interrogativi e la sensazione è che la comunità internazionale abbia bisogno più di risultati annunciabili che effettivi.

D. – Ma chi aiuterà la Libia in questo percorso verso la pacificazione e la creazione di un’infrastruttura statale?

R. – La scelta è quella di un riconoscimento da parte delle Nazioni Unite di questo nuovo governo e poi di un percorso condiviso all’interno dell’Onu. Questo ovviamente non significa che i Paesi europei – soprattutto Gran Bretagna, Francia e Italia in primis – gli Stati Uniti, la Russia, ma anche altre nazioni arabe, come il Qatar e la Turchia non avranno un peso nel processo di ricostruzione istituzionale. Tuttavia, la cosa importante da sottolineare è che il processo politico-diplomatico non può andare avanti senza che in parallelo sia messo in atto un processo di sicurezza nel Paese, che garantisca la ricostruzione istituzionale e gli equilibri di potere all’interno della Libia. Perché, in caso contrario, inevitabilmente il processo diplomatico non avrà delle basi solide.

D. – Ma come si fa a garantire la sicurezza e la pace in un territorio diviso in tribù e dove c’è l’infiltrazione del sedicente Stato Islamico che controlla Sirte?

R. – Senza una missione di supporto al governo di coalizione riconosciuto, difficilmente il processo diplomatico e quello politico potranno avere dei risultati. Questa è la sensazione. La scelta stessa di passare per il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite potrebbe essere un presupposto per poi pensare anche a una missione di Peace-keeping. Il problema è che la situazione libica è veramente complicata! Noi stiamo parlando e continuiamo a parlare della situazione lungo la costa; della crescita dell’Is; e delle varie milizie che controllano Misurata, Tripoli, Bengasi. Tralasciamo la situazione nella parte meridionale della Libia: tutta quella Regione del Fezzan che è la porta del Sahel nei confronti del Nord Africa - e quindi della costa che poi si affaccia sul Mediterraneo - di fatto lì gli scontri tra tribù o tutti i traffici legali sfruttati da gruppi jihadisti – come lo stesso Is – sono totalmente incontrollati.

D. – Perché è importante la stabilizzazione della Libia nel quadro regionale del Medio Oriente, del Maghreb e dei Paesi arabi?

R. – Perché da troppo tempo la Libia sta diventando sempre di più un “buco nero” istituzionale. E laddove vi sono dei vuoti di potere, negli ultimi anni questi vengono ricercati da una parte e poi colmati da gruppi jihadisti che prima potevano rifarsi ad al Qaeda e ora invece all’Is.

D. – Qual è il ruolo che l’Italia può avere in questo scacchiere?

R. – Il ruolo dell’Italia è un ruolo importante e centrale, lo dimostra la Conferenza di domenica 13 dicembre alla Farnesina. In prima battuta perché le relazioni sociali, politiche e anche storiche che l’Italia ha con le varie realtà libiche sono un nostro “pacchetto” che può essere messo a disposizione della comunità internazionale per la stabilizzazione del Paese. Pensiamo solo al ruolo che l’Eni ha svolto, sta svolgendo e speriamo continuerà a svolgere, per lo sviluppo economico sia della Libia sia dell’Italia.








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