2015-12-12 11:45:00

Libia verso l’accordo Onu per governo di unità nazionale


In Libia, è partito il conto alla rovescia per l’accordo sul governo di unità nazionale che sarà guidato da Fayez el Sarraj: le delegazioni di Tobruk e Tripoli hanno fissato al 16 dicembre la data della firma, poi il 24 del mese dovrebbe arrivare il riconoscimento dell’Onu ed una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Domani il Paese sarà al centro della conferenza di Roma con i rappresentanti di Usa, Russia, Ue, Onu, Turchia, Egitto e Arabia Saudita. Intanto sul terreno il sedicente Stato islamico continua a mostrare i muscoli: ieri i jihadisti hanno sfilato con i pickup armati nel centro di Sabrata, sede di un sito archeologico patrimonio dell’Unesco e ora minacciano di colpire i pozzi petroliferi ad Est di Sirte. Ma come considrare questo accordo? Al microfono di Cecilia Seppia il commento Bernard Selwan Khoury, direttore di Cosmonitor ed esperto dell’area.

R. – Questo accordo è ovviamente un punto di partenza molto importante, sicuramente diverso da quelli passati, per vari motivi. Innanzitutto, c’è un nuovo attore che rappresenta le Nazioni Unite, Kobler, che ha preso il posto di Leon, che negli ultimi mesi non aveva più un forte sostegno, soprattutto da parte della comunità libica politica. Un secondo aspetto è la minaccia incombente del cosiddetto Stato Islamico, che nelle ultime settimane ha alzato i toni. Questo in particolare potrebbe essere un elemento che a differenza del passato, potrebbe veramente spingere questa volta alla formazione di un vero governo di unità e concordia nazionale. Ed è in questo contesto, appunto, che la diplomazia si sta muovendo con forza, con decisione per far sì che il 16 dicembre sia una data storica per il Paese, a tre anni circa dalla rivoluzione e poi dalla guerra civile, dal caos che si è innescato.

D. – Possiamo dire che questo governo reggerà proprio per lo sforzo diplomatico che c’è dietro, anche per il nome di  Fayez Serrai, che guiderà il governo nazionale e che ha avuto un largo consenso…

R. – Assolutamente, il nome del premier si sapeva già da qualche giorno, e il nome di Fayez è anche la prova di come si stanno muovendo, si sono mosse, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, la diplomazia italiana, la diplomazia statunitense e - ricordiamolo - anche la diplomazia vaticana, sebbene indirettamente attraverso la Comunità di Sant’Egidio che ha cercato di offrire il suo supporto a livello di mediazione tra le tribù libiche dei Tebu e dei Tuareg, per mettere armonia, avvicinare una parte sociale fondamentale della Libia, ovvero quella delle tribù.

D. – Altro punto che ha inasprito la crisi libica, è il terrorismo. Quanto è grave la minaccia dell’Is in Libia oggi?

R. – Questa è una questione molto importante. Ovviamente dai media generalmente traspare la forza di un'organizzazione che in realtà sul terreno non esiste. Questo non significa assolutamente che lo Stato Islamico non sia presente in Libia, non abbia commesso azioni simili a quelle commesse in Siria e in Iraq, però bisogna anche contestualizzare questa realtà. L’organizzazione è presente sul territorio, ma ad oggi non ha la capacità militare di poter occupare una fetta del territorio così come è accaduto in Siria e in Iraq. E’ ovvio che nel caso in cui continuasse una situazione di vuoto di potere, di caos di sicurezza in Libia, l'Is potrebbe approfittarne per riempire questo vuoto. Secondo aspetto, in Libia, lo Stato Islamico, anche da un punto di vista ideologico, non gode assolutamente di alcun sostegno da parte della popolazione. Ed è il motivo per cui buona parte dei membri di questa organizzazione presenti in Libia non sono libici, ma sono stranieri.

D. – Domani alla Farnesina si mettono a punto gli ultimi dettagli dell’intesa. Il ministro degli Esteri italiano, Gentiloni, ha detto che l’obiettivo del Summit è la soluzione politica e diplomatica. Mi chiedo, però, quali saranno le urgenze che il nuovo esecutivo, per quanto fragile, e la comunità internazionale insieme, dovranno affrontare?

R. – Questo incontro, che si terrà domani a Roma, ovviamente è un incontro molto, molto importante. Ci sono ovviamente due priorità fondamentali nel Paese. La prima priorità riguarda la situazione di sicurezza. Attualmente nel Paese ci sono decine e decine di milizie, e il prossimo governo dovrà riuscire a riunire tutte queste milizie, o meglio a trasformarle in brigate e poi riunirle sotto un unico esercito nazionale, che attualmente è guidato dal generale Haftar. Questa è una priorità molto importante, in quanto permetterebbe al governo di, quantomeno, limitare la proliferazione di armi illecite nel Paese. La seconda priorità ovviamente è quella di muoversi sul piano economico, ma questo è un aspetto molto più semplice per un Paese - ricordiamolo - ricco di risorse, soprattutto petrolifere, come la Libia. Il Paese sarà in grado di risollevarsi, da un punto di vista economico, in pochissime settimane.








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