2015-12-11 10:57:00

Cristiani perseguitati, Jrs lancia “Putting Mercy in Motion"


Un impegno di educazione globale per fornire istruzione a 220 mila rifugiati entro il 2020. E’ quanto si propone il programma “Putting Mercy in Motion” del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (Jrs), che da 35 anni lavora in oltre 60 Paesi del mondo. L’iniziativa, che punta a raccogliere 35 milioni di dollari da privati e istituzioni, è stata presentata nella sede della nostra emittente. Il servizio di Michele Raviart:

“Putting Mercy in Motion”. Misericordia in moto. Dalle parole di Papa Francesco secondo cui “la misericordia di Dio non è un’idea astratta, ma una realtà concreta”, il Jrs è andato alla ricerca della sua vocazione, che è quella di educare chi è costretto a vivere da rifugiato, sia per meglio integrarsi nei Paesi dove è ospitato sia per avere la possibilità di ricostruire il tessuto sociale dei Paesi d’origine una volta che l’emergenza sia finita. “Noi crediamo profondamente che l’istruzione sia qualcosa che può trasformare le persone e le comunità”, spiega padre Thomas Smolich, direttore internazionale del Jrs, che ribadisce:

“Il Papa ci ha invitato a partecipare a questo Giubileo e la maniera in cui il Jrs può farlo è l’educazione, specialmente l’educazione dei ragazzi che molto spesso non hanno questa opportunità”

L’educazione è l’anello debole degli investimenti in politiche umanitarie, anche se è fondamentale quanto cibo, salute e sicurezza. Già 120 mila persone ricevono i servizi educativi dell’Jrs, principalmente in Africa e in Siria ,Libano e Giordania. L’obiettivo è quello di raggiungere altre 100 mila persone in cinque anni, focalizzandosi sui ragazzi tra i 13 e i 20 anni. Amaya Valcàrcel, responsabile dell’Jrs:

“In primo luogo vogliamo concentrarci sull’educazione dei ragazzi, perché è la popolazione che ha meno attenzione. In secondo luogo, ci sono i maestri, quindi vogliamo offrire una formazione continua per far sì che l’educazione che offrono sia di qualità. Noi pensiamo che l’educazione non sia solo stare in classe, ma avere valori, avere educazione nella pace e una formazione accademica solida. In terzo luogo, vogliamo concentrarci sull’accesso dei ragazzi all’università. Noi abbiamo delle università negli Stati Uniti che vogliono offrire dei corsi online ai rifugiati nei campi profughi. Questo vogliamo fare di più”.

“Per i bambini costretti ad emigrare i banchi sono spazi di libertà”, ha detto Papa Francesco lo scorso 14 novembre, ricevendo in udienza proprio i membri del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati. Per quelli che rimangono nei Paesi martoriati dalla guerra, infatti, andare a scuola diventa sempre più difficile, come racconta Samer Afisa, arrivato in Italia un mese fa da Damasco.

“C’è una scuola nella zona della città vecchia a Damasco, che è stata colpita da un missile proprio mentre i bambini stavano a giocare. E’ stata una tragedia. Più di 100 bambini sono stati ricoverati all’ospedale. Nonostante ciò, si cerca di vivere regolarmente, si pensa di poter vivere, ma la situazione è molto dura. Negli ultimi tre giorni, non c’è più elettricità a Damasco. All’inizio dell’anno scolastico, hanno cercato di regalare a tutti i bambini lo zaino, i quaderni, le matite, per farli andare a scuola, ma molti hanno paura”

In Italia, il Jrs si identifica con il Centro Astalli di Roma, che nel 2014 ha aiutato oltre 20 mila persone tra rifugiati e richiedenti asilo. Oltre 25 mila, invece gli studenti che partecipano alle attività culturali del centro. Tra di loro, c’è Aweis Ahmed, che dalla Somalia ha rischiato la vita attraversando il deserto e il Mediterraneo:

“Quando ho conosciuto il Centro Astalli, mi sono sentito accolto. Mi hanno aiutato fino a quando non ho trovato un lavoro. I primi sei mesi mi hanno aiutato a pagare l’affitto. Mi hanno aiutato tantissimo. In Italia sono stato sei mesi per aspettare i documenti, poi sono andato via in Olanda perché dormivo in strada. Dopo due anni sono ritornato in Italia… andavo alla Caritas per mangiare, dormivo in strada, non lavoravo, nessuno mi parlava e nessuno si interessava di me. Tramite il Centro Astalli, ho cominciato a conoscere gli italiani e sapere come vivono”.








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