2015-12-09 14:55:00

Nigeria: 150 morti in attacco, accuse contro il Camerun che nega


È ancora da chiarire la dinamica dell’assalto degli ultimi giorni ad alcuni villaggi nigeriani, al confine con il Camerun. Secondo alcuni sopravvissuti, giunti in oltre 600 al centro per rifugiati di Fufore, soldati di Yaoundé avrebbero attraversato il confine con la Nigeria, attaccando e bruciando villaggi nella striscia di confine tra Gamboru e Banki, con un bilancio di almeno 150 morti. Il governo del Camerun ha negato ogni addebito, ma la tensione con Abuja sta effettivamente crescendo a causa delle continue stragi perpetrate dagli estremisti islamici nigeriani Boko Haram, che agiscono anche oltre confine. Per un quadro della situazione alla frontiera tra i due Paesi, Giada Aquilino ha intervistato fratel Fabio Mussi, missionario laico del Pime, coordinatore della Caritas della diocesi di Yagoua, in Camerun:

R. – Da informazioni che abbiamo sentito, una colonna di Boko Haram sarebbe arrivata in alcuni villaggi al confine con il Camerun, con l’intenzione di fare violenti attacchi. C’è poi stata un’azione da parte delle forze armate del Camerun per contrastare questa situazione. E’ probabile che ci siano stati scontri tra le forze armate del Camerun e i Boko Haram, con la conseguenza che vari villaggi siano stati bruciati o attaccati da una parte o dall’altra. Quando c’è la guerra, è sempre difficile capire come vadano esattamente le cose.

D. – I sopravvissuti hanno raccontato di aver percorso a piedi circa 150 km: non è la prima volta che succede. Voi siete a contatto con sfollati interni e profughi nigeriani. Quali sono le loro condizioni?

R. – Nella zona di Fotokol c’è un aumento di sfollati camerunensi e una diminuzione di rifugiati nigeriani, perché con la presa di posizione da parte dell’esercito nigeriano dei posti di confine c’è stato un riflusso di nigeriani verso il loro Paese. Mentre, sempre a causa di queste azioni di guerra, molti villaggi del Camerun sul confine sono stati evacuati dalle forze armate, costringendo gli abitanti ad riversarsi a Fotokol o in altre località come Makari o Kousseri, dove già c’erano sfollati.

D. – Come vivono queste persone?

R. – Purtroppo non hanno grosse risorse e quindi si affidano agli aiuti nazionali o internazionali per la loro sopravvivenza. Noi abbiamo verificato l’aumento della malnutrizione nei bambini fino a 59 mesi, cioè quasi cinque anni. L’alimentazione non è regolare e sicuramente non è sufficiente e a soffrirne di più sono i bambini, le persone anziane, le donne incinte.

D. – Come Caritas, come state operando nella zona?

R. – Come Caritas abbiamo delle attività, delle presenze nelle zone più calde, quindi a Fotokol, a Kousseri, a Makari, sul lago Ciad, dove facciamo assistenza sia a livello alimentare, sia a livello sanitario. Stiamo cercando anche di poter intervenire per dare una mano alle persone che hanno subito soprusi: ci sono violenze di tipo sessuale o fisico inflitte su persone deboli, che devono subire le angherie di Boko Haram o anche di alcune parti deviate delle forze dell’ordine.

D. – Il presidente nigeriano Buhari aveva annunciato di voler porre fine alla violenza dei Boko Haram entro il 2015. Mancano poche settimane alla fine dell’anno: come appare questo contrasto ai terroristi?

R. – E’ vero che c’è stata una presa di posizione da parte delle forze armate della Nigeria sulla zona di confine, ma non si sa come stiano organizzandosi e come riescano a contrastare Boko Haram.

D. – Sulla carta il Camerun partecipa alla forza multinazionale Boko Haram…

R. – Sì. Però, questa forza multinazionale è proprio sulla carta, per il momento. Ci sono ancora gli eserciti dei singoli Paesi che agiscono come unità distinte. Quello che abbiamo potuto notare in questi ultimi mesi, in queste ultime settimane, è il fatto che purtroppo ci sono stati attacchi suicidi anche nella zona camerunense vicino al Lago Ciad, cosa che finora non c’era mai stata.








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