2015-12-07 14:00:00

Giubileo Misericordia, occasione di dialogo tra cristiani e musulmani


Un’occasione d’incontro, apertura e fattiva collaborazione nel segno della solidarietà. Questo il senso del Giubileo indetto da Papa Francesco, alla vigilia dell’apertura ufficiale delle celebrazioni, emerso al convegno “Cristiani e musulmani per la misericordia”, svoltosi a Roma e organizzato da Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Articolo21 e Associazione Giornalisti Amici di padre Dall’Oglio. C’era per noi Giada Aquilino:

Dialogo in quanto relazione fatta di gesti e di azioni concrete, sinonimo del “fare insieme” e non soltanto del sedersi a un tavolo per discutere le proprie opinioni. Ha avuto una radice nelle riflessioni di Papa Francesco sul dialogo interreligioso l’incontro “Cristiani e musulmani per la misericordia”. Sul “vivere insieme” si sofferma Antoine Courban, esperto di relazioni islamo-cristiane all’università Saint Joseph di Beirut, in Libano:

R. – Nous avons laissé trop longtemps …
Per troppo tempo abbiamo lasciato il dialogo tra islam e cristianesimo solo tra le mani dei teologi. Abbiamo tentato invano di trovare un denominatore comune il più semplice e basico possibile. Ma questo non è vivere insieme. Dopo gli attentati di Parigi, la natura e il quadro del dialogo tra islam e cristianesimo - e in generale del dialogo interreligioso - deve porsi in termini di diritto pubblico, affinché si possa “organizzare” il vivere insieme. Penso e spero che l’Anno della misericordia sia l’occasione unica, a partire da Roma, per iniziative e parole profetiche, perché è proprio di questo che abbiamo bisogno oggi per diminuire la tensione interreligiosa. In questo momento ci sono diversi tipi di terrorismo: c’è il terrorismo religioso; quello profano, secolare, laico; c’è il terrorismo ideologico; c’è un terrore nazionalista; c’è pure un terrore islamofobico. Tutto questo è un terrore globale. Il mondo in questo momento è diviso in due parti. Da una parte ci sono i radicali - a prescindere dalle religioni, dalle ideologie - e i più violenti sono i ‘Daesh’. E dall’altra parte ci sono i moderati. Il mio appello è, in primo luogo, a scrivere ad ogni costo una “Carta della convivenza nel Mediterraneo” e, in secondo luogo, a dire: “Moderati di tutti i Paesi, uniamoci!”.

A cinquant’anni dalla Dichiarazione conciliare “Nostra aetate”, documento fondamentale per la promozione delle relazioni di rispetto, amicizia e dialogo con le altre religioni, Mohammad Sammak, segretario generale dell’Islamic spiritual summit di Beirut, spiega il significato del concetto di misericordia nella religione islamica:

R. – “Mercy” is the name of God, in Islam, and “Compassionate” is also the name of God. And each verse …
“Misericordia” è il nome di Dio nell’islam, assieme a “compassionevole”. Ogni verso del Corano inizia così: “Nel nome di Dio, il Misericordioso, il Compassionevole”. Questo è il quadro delle relazioni tra Dio e il Creato e dovrebbe essere anche la cornice dei rapporti tra tutti gli esseri umani. Ora, se questi principi non sono rispettati da chi parla di islam o fraintende l’islam, questa è un’altra cosa. Viviamo una situazione in cui questi principi non sono rispettati da alcuni che si dicono musulmani, ma mostrano un’immagine diversa dell’islam. Questo è il motivo per cui c’è una reale contraddizione tra quello che l’islam dice e la maniera con cui queste persone si comportano.

D. – Qual è il significato del Giubileo della Misericordia per lei e per la sua fede?

R. – Islam was involved in Vatican II and in “Nostra Aetate” there is a part about …
Col Vaticano II, l’islam è stato coinvolto e nella “Nostra Aetate” c’è un capitolo sull’islam che apre un nuova pagina nel rapporto tra la Chiesa e i musulmani. Noi ci sentiamo di essere parte di questo Giubileo, perché crediamo negli stessi principi, che sono umanitari, per la salvezza di tutti gli esseri umani, in ogni parte del mondo. Ed è per questo che siamo felici di essere parte di questo Giubileo.

Dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, il messaggio del presidente, il cardinale Antonio Maria Vegliò, che – anche in vista della prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, il 17 gennaio 2016 - esorta a seguire l’invito del Papa per una “risposta del Vangelo della misericordia”. Padre Matteo Gardzinski, incaricato del dicastero per il settore migranti:

R. – Seguendo ciò che dice il Papa e le linee del segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin - che qualche settimana fa, dopo le stragi di Parigi, ha detto che c’è bisogno di un’offensiva della Misericordia - la prospettiva è quella del perdono e della carità, che sono più forti del male. Quindi il superamento di quegli atteggiamenti che nascono naturalmente nel cuore umano con qualcosa di più forte.

Dopo gli attentati di Parigi, da dove far ripartire dunque il dialogo tra cristiani e musulmani? Nader Akkad, siriano di Aleppo, imam di Trieste:

R. - Bisogna partire dal cuore, un punto che collega sicuramente tutte le grandi religioni. La misericordia è uno dei temi più importanti dell’islam: Dio ha voluto sempre identificarsi con questo nome, il Misericordioso. Tutti gli attuali problemi del mondo possono essere risolti con la misericordia.

D. – Trieste è città di frontiera: come accogliere con misericordia chi arriva, chi fugge a causa della guerra, della povertà?

R. – Le guerre, specialmente quelle in Medio Oriente, hanno prodotto una nuova ondata di immigrazione. Il tema della misericordia potrebbe essere molto importante per capire l’altro, all’interno del significato del grande amore per il prossimo. Questo può dare un contributo molto importante per l’inclusione sociale e per l’accoglienza dell’altro.

D. – Ad oltre due anni dal rapimento di padre Dall’Oglio, quanto è importante ricordare la sua testimonianza?

R. - È molto importante. Bisogna ricordarlo come un ambasciatore del popolo siriano per la pace. Ricordarlo oggi, nei termini dell’Anno santo della Misericordia, tocca il cuore. Preghiamo sempre, giorno e notte, affinché venga rilasciato il prima possibile. Ci manca davvero. Manca a tutti i siriani, perché la sua è una voce di misericordia.

Paolo Branca, docente di lingua e letteratura araba e islamistica all’Università Cattolica di Milano, commenta le parole del presidente statunitense Barack Obama, che ha ribadito come il sedicente Stato islamico non parli “per l'Islam”:

R. - È sicuramente vero che si tratta di poche decine di migliaia di fanatici che non rappresentano un miliardo e mezzo di musulmani comuni che svolgono la loro vita normalmente, pensando alla propria famiglia, al proprio lavoro, ai propri figli. Non basta però fare questa distinzione. Secondo me bisognerebbe anche promuovere quella parte dell’islam che ci è meno nota e che è già presente tra di noi, con qualcosa di più. Soprattutto il campo mediatico è completamente occupato da cattive notizie, come se le buone notizie non esistessero e questo non fa che aumentare il pessimismo, con involuzioni di tipo populista nelle nostre democrazie che sono sinceramente preoccupanti.

D. – Quindi come superare questo allarmismo, questo pessimismo?

R. – La democrazia è un sistema che si giustifica soltanto se promuove le pratiche migliori, non tanto perché reprime quelle negative. Purtroppo da questo punto di vista il promuovere, far conoscere, dare dei modelli anche ai giovani musulmani che stanno in Europa, in Occidente, non mi pare sia una delle nostre preoccupazioni principali.








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