“La piaga del narcotraffico” è “un dramma nazionale” che affonda le sue radici “nello spirito del capitalismo più selvaggio e nell’idolatria del denaro”: “Questa globalizzazione dell’indifferenza che genera una cultura individualista centrata sul consumo è l’ambiente favorevole per l’espansione delle reti del narcotraffico”. È una condanna e una presa di posizione forte e netta quella che emerge dal messaggio dei vescovi argentini “No al narcotraffico, sì alla vita piena”, reso noto ieri al termine della 110.ma Assemblea plenaria che si è svolta a Buenos Aires.
La presenza del narcotraffico è incomprensibile senza la complicità del
potere
I vescovi si assumono in prima persona “la responsabilità” e “l’impegno” di lottare
contro il narcotraffico. Incoraggiati dalle parole di Papa Francesco e vista la crescente
e allarmante diffusione del fenomeno, chiedono a tutta la società “una conversione
urgente”: “Lo Stato deve opporre una forza organizzata per neutralizzare gli enormi
danni provocati da questo flagello”. La presenza del narcotraffico, “e la sua diffusione
– proseguono – è incomprensibile senza la complicità del potere nelle sue diverse
forme. È doloroso constatare che le droghe, simbolo di morte, vengono prodotte in
Argentina. Il crimine organizzato si arricchisce anche di altre forme di schiavitù,
come la tratta di persone, il traffico di armi, il traffico e la vendita di organi,
il lavoro minorile”.
La cultura globale del consumismo
I vescovi argentini puntano il dito, in particolare, contro “la cultura globale del
consumismo” che “genera desideri insoddisfatti e impone nel nostro Paese un mercato
con una scala inadeguata di valori. Trasmette costantemente la falsa idea che senza
determinati beni non si può essere felici”: “Quanti ragazzi hanno perso la vita per
seguire la voce seduttrice del consumismo come legge personale! Come si globalizza
l’indifferenza quando ci accomodiamo alla ricerca del confort personale!”.
Il fenomeno dello spaccio in piccole dosi
La Conferenza episcopale argentina mette in guardia anche sul fenomeno del “narcomenudeo”,
lo spaccio di droga in piccole dosi, spesso prodotte addirittura in casa e fatte vendere
da bambini e ragazzi. “Dobbiamo fare attenzione – avvertono – che su questi ultimi
non si scarichi la forza del castigo”. “La guerra contro la droga – insistono – è
perduta per chi non si oppone all’installazione di questo sistema”. Serve quindi una
“profonda trasformazione culturale”, educando i giovani alla “cultura dello sforzo,
del lavoro e all’importanza dello Stato di diritto”, con “politiche statali adeguate
ed esplicite, concrete e ferme”. (R.P.)
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