2015-12-02 14:00:00

Nelle librerie, una guida pratica per parlare di fede in Tv


“Parlare di fede in TV”. E’ il titolo di un volume scritto da Bruno Mastroianni e Raffaele Buscemi, edito dalla Pontificia Università della Santa Croce. Il testo – nelle librerie in questi giorni – si propone come una guida pratica per chi è chiamato a intervenire in Tv per parlare di fede, di morale e di tutti quei temi che riguardano i significati profondi e le scelte di vita. Sull’idea che ha dato vita a questo libro e sull’esempio di Papa Francesco nella comunicazione, Alessandro Gisotti ha intervistato Bruno Mastroianni, giornalista e docente alla Facoltà di Comunicazione della “Santa Croce”:

R. – Questo libro nasce da una constatazione: spesso, quando un ecclesiastico, un religioso o un semplice credente va in tv ad affrontare temi di fede, succede che non riesce ad esprimere pienamente le sue convinzioni, non tanto per la sua preparazione, ma a volte perché ci sono pregiudizi o contrasti, perché il dibattito si fa duro e non si riesce a farsi spazio. Allora, con Raffaele Buscemi, che è un istruttore di media training, e molte volte ha dovuto "allenare" le persone ad andare in tv, abbiamo deciso di fare una piccola guida pratica con alcuni consigli, per fare cosa? Guadagnarsi spazi di ascolto nel momento in cui si dibatte o si fa una conversazione pubblica, cercando di farsi capire, soprattutto da chi è più lontano, cioè da chi è non credente, da chi ha pregiudizi magari sulla fede.

D. – Il libro è uno strumento di tecnica della comunicazione con tanto di casi di studio, casi concreti. Ma c’è un tema, un messaggio che si può cogliere pagina dopo pagina?

R. – L’idea di fondo del libro è che comunicare è principalmente entrare in relazione, costruire un legame. Un problema, cioè, che noi spesso abbiamo è quello di vedere la comunicazione in senso utilitaristico: l’idea di far passare un messaggio, avere un impatto su un altro, su un interlocutore. Invece, la comunicazione è il luogo proprio dove conoscersi, conoscere, farsi capire. Non è un libro, quindi, soltanto di tecniche. Le tecniche servono più che altro per liberarsi di ciò che ostacola la relazione. Infatti, il centro di questo libro è l’idea che "tu sei il messaggio". Andare a comunicare in tv, ma anche su altri mezzi di comunicazione, è sempre presentare se stessi. Allora riuscire ad avere l’autenticità di dire ciò in cui si crede, riuscendo a costruire un legame con l’altro, e non semplicemente un litigio o un dibattito, è il vero scopo della comunicazione.

D. – Papa Francesco è uno straordinario comunicatore, lo abbiamo visto anche nel viaggio in Africa, e questo pur non applicando alcuna strategia comunicativa. Quale lezione si può trarre dal suo esempio?

R. – Beh, sì, si vede effettivamente che Papa Francesco non ha nessuna strategia, ma ha chiarissima la sua “mission”, il suo intento finale, che è quello di arrivare al cuore dell’altro, della persona che incontra. Anche quando incontra folle oceaniche, si vede proprio che quello che lui sta cercando è ciascuno, ciascuno in quanto persona reale che è di fronte a lui. E ci dà proprio questo messaggio: comunicare è questo entrare in relazione, costruire legami, avvicinarsi. Direi che la grande efficacia nella comunicazione di Papa Francesco stia innanzitutto nel fatto che lui lascia lo spazio all’altro; ha capacità di ascoltare proprio le persone, la folla, il popolo. E infatti quando parla, ognuno si sente interpellato di per sé: interpellato nella sua vita, nelle sue condizioni. Anche a volte – e lo abbiamo visto in diversi momenti – chi ha pregiudizi, sente che Papa Francesco fa crollare alcune difese, più che, anzitutto, insegnare qualcosa. Allora, quando questa difesa cede si crea lo spazio per costruire un legame, una relazione. E’ all’interno di questa relazione che poi si tramette veramente la fede.








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