2015-12-02 14:14:00

Dialogo nazionale in Congo: l'opposizione non aderisce


Nella Repubblica Democratica del Congo è stallo politico. La proposta di dialogo nazionale, lanciata dal presidente Kabila, è stata infatti respinta dalle opposizioni che la ritengono una “trappola” per rimandare le elezioni del 2016 che lo vedrebbero per legge escluso dalla candidatura. Anche l’ipotesi di un governo di transizione e di un referendum sulla costituzione andrebbero in questa direzione. Le fazioni anti-Kabila chiedono al popolo di manifestare e sollecitano una mediazione internazionale. “Siamo di fronte ad un vera lotta di popolo” commenta al microfono di Gabriella Ceraso, il direttore della rivista dei comboniani Nigrizia, padre Efrem Tresoldi:

R. – Non è una reazione episodica, ma è una cosa che ha le sue radici nel tempo: è sempre stata sbarrata la strada, dalle opposizioni ma direi in particolare dalla Chiesa cattolica che rappresenta oltre il 50 per cento della popolazione e che da sempre ha detto “sì” all’alternanza, non vogliamo nuovamente degli scontri. Per cui si spera che questa determinazione possa indurre il presidente a cambiare i suoi piani per rimandare le elezioni.

D. – Una parte delle opposizioni accetterebbe anche il dialogo, ma con una mediazione internazionale: perché? Che cosa garantirebbe?

R. – Sarebbe una garanzia di avere innanzitutto un appoggio esterno, e poi di potere far leva sul presidente perché rispetti la Costituzione sapendo che c’è stato un cambiamento anche di mentalità a livello internazionale, ma direi in particolare anche in Africa. Pensiamo, ad esempio, al colpo di Stato – fallito, fortunatamente – in Burkina Faso: è stato condannato. Per la prima volta, l’Unione Africana ha avuto il coraggio di dire che i "golpisti sono terroristi" e che "la Costituzione va rispettata", quindi vuol dire che c’è una maggiore pressione perché non avvengano cambiamenti di Costituzione per permettere a questi presidenti di rimanere presidenti a vita.

D. – Nel suo recente viaggio in Africa, il Papa ha parlato alle autorità, e ha parlato loro di rispetto, di dialogo, di cooperazione. Guardando questo genere di situazioni, è fattibile?

R. – Direi che è una sfida grossa. Sappiamo bene come in questo caso Joseph Kabila non lascerà il posto se non a un prezzo molto alto. C’è solo da sperare, appunto, che la mobilitazione interna, con l’appoggio esterno, possano veramente fare una tale pressione che l’attuale presidente non intervenga con misure di repressione. C’è questa speranza anche che la Chiesa cattolica, che è un catalizzatore di tante speranze per una repubblica democratica, che sia veramente tale, possa sostenere anche chi non è cattolico cristiano a percorrere questo cammino, perché di fatto qui c’è di mezzo proprio lo Stato di diritto, c’è di mezzo la pace, la giustizia e la libertà.

D. – Quindi ora si può parlare di una impasse: a che punto siamo?

R. – Direi che al momento è proprio un’impasse, perché non si conoscono ancora le date del nuovo calendario elettorale e ormai non c’è il tempo anche materiale per organizzare queste elezioni a questi tre livelli locale, provinciale e nazionale e poi presidenziale.








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