2015-12-01 13:21:00

Mokrani: anche l'islam risponde all'odio con la misericordia


Rispondere al male con la misericordia che è presenza Divina nell’essere umano. E’ questo l’invito accorato che scaturisce dall’incontro tenutosi alla Pontificia Università Gregoriana sulla presenza della misericordia nell’Islam. Adnane Mokrani, teologo musulmano, docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamistica (Pisai), spiega al microfono di Francesca Di Folco come il concetto di misericordia non sia solo un tema centrale nella relazione fra l’uomo e il suo Creatore ma primario perché Dio stesso nel Corano, ancor prima di presentarsi come “Onnipotente e Saggio” si attribuisce l’appellativo di Misericordioso:

R. – Nel Corano, ci sono due nomi divini considerati nomi propri di Dio, che hanno lo stesso valore: il primo nome è “Allah”, che significa Iddio, Dio, come mistero, il mistero trascendentale; e “Ar-rahmàn”, il misericordioso, che è considerato sinonimo di Allah, ma non nel senso etimologico oppure linguistico, ma nel senso teologico. Dunque, abbiamo il mistero divino e Dio che si manifesta: il Dio Misericordioso è il Dio manifestato, il Dio vicino, il Dio dell’esperienza religiosa, dell’incontro con l’umano e dell’incontro dell’umano con il divino. Poi, ci sono due versetti importantissimi per capire la misericordia nel Corano: l’unica volta che Dio nel Corano dice “ho prescritto su me stesso”, dice: “Ho prescritto su me stesso la misericordia. L’unico impegno divino è la morale divina nel Corano, l’unica espressione in cui troviamo questa formula. C’è poi un secondo versetto che dice, quando Dio parla al profeta Mohammed: “Non ti abbiamo mandato solo per misericordia”. Dunque la misericordia è l’unica ragione d’essere della missione profetica di Mohammed. E questo ci fa vedere una certa teologica, che si può chiamare “misericordia centrica”: una teologia che deve essere anche una chiave ermeneutica per leggere l’insieme del Corano.

D. – “Ar-rahmàn”, “Ar-rahim”, il Misericordioso, il Clemente. All’inizio di ogni Sura del Corano, troviamo la formula “nel nome di Dio, il Misericordioso, il Clemente”. La misericordia non è solo un tema centrale nella relazione fra l’uomo e il suo Creatore, ma primaria, perché Dio – ancora prima di ricordare che è Onnipotente e Saggio – si presenta con l’appellativo di Misericordioso…

R. – Sicuramente, perché la misericordia è il nucleo dell’esperienza religiosa, dell’incontro tra l’umano e il divino. C’è un altro versetto molto importante che dice: “La mia misericordia copre tutto, contiene tutto”, nel senso che niente è fuori dalla misericordia divina e per questo – in questo momento difficile della storia – i musulmani aderiscono al Giubileo per due motivi principali. Il primo: perché la misericordia rappresenta un valore supremo per i musulmani, è centrale. Il secondo motivo: è l’unica risposta possibile, l’unica risposta spirituale, la risposta dello spirito all’odio, all’islamofobia, alle divisioni, alla guerra è la misericordia. Questo ci unisce contro il male, perché non possiamo rispondere al male con il male: possiamo rispondere, come donne e uomini religiosi, al male con la misericordia.

D. – Il Giubileo della Misericordia può essere un’occasione di incontro? Un ponte fra fedeli?

R. – Sicuramente, perché l’esperienza religiosa autentica in ogni religione è questa misericordia, questa tenerezza, questo amore, questa vicinanza e presenza divina nell’essere umano. Altrimenti non si può parlare di religione! La religione, in questo caso, senza misericordia diventa ideologia, diventa idolatria, diventa divisione, uno strumento di potere e di esclusione. La religione autentica è quella umile del servizio, dell’amore e della misericordia.

D. –  Nell’islam c’è un legame profondo che unisce la conoscenza del mondo alla misericordia. Il sapere, insito in ognuno di noi, progredisce grazie alla misericordia?

R. – Il sapere richiede l’umiltà. Un cuore umile e una mente umile. La misericordia prepara la mente e prepara il cuore per ascoltare, per servire, per conoscere e per apprezzare il bello, il buono nell’altro diverso.








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