2015-11-28 15:00:00

Cinema. "Colpa di comunismo", storia di immigrazione al femminile


Presentato al Torino Film Festival, che questa sera proclamerà i vincitori della 33.ma edizione, "Colpa di comunismo", film italiano in concorso col quale la regista Elisabetta Sgarbi segue con delicatezza e semplicità un segmento di vita di tre donne romene in Italia. Una bella storia di integrazione e umanità. Il servizio di Luca Pellegrini:

Per Ana, Elena e Micaela l'Italia ha preso il posto della loro patria, la Romania. Sono tre badanti che cercano lavoro. Lo fanno per la loro vita e per quella di chi è lontano. Elisabetta Sgarbi ha avvicinato queste tre donne offrendo loro l'occasione di raccontarsi, tra le Marche e il Polesine, mentre compiono gesti quotidiani, frequentano la loro chiesa ortodossa, cercano l'aiuto di amiche, condividendo timori, fragilità, ricordi e affetti. La regista le segue con discrezione e l'anima in mano, ci aiuta a compiere un viaggio in un mondo che ancora fa memoria delle sofferenze dei regimi del passato e cerca un futuro in un Europa dei popoli. Racconta ai nostri microfoni perché ha voluto girare questo documentario.

R. – Il mio intento era proprio di accendere i riflettori su queste persone che normalmente non vediamo, ci paiono invisibili e che pure sono persone che vivono, soffrono, che hanno desideri. Sono persone umilissime, che poi diventano fondamentali per le nostre vite perché sono poi quelle persone che noi scegliamo perché stiano accanto alle persone che ci sono più care e quindi a loro affidiamo la nostra debolezza, che è la debolezza dei nostri genitori. Io volevo proprio capire quanto queste persone fossero poi consapevoli del ruolo importante che noi affidiamo a loro in un momento in cui la vita diventa qualcosa di molto fragile. Quindi, volevo studiare la loro psicologia, il loro modo di essere, capire come si arrangiassero per arrivare poi a trovare quel lavoro che a noi sembra un fatto scontato. In realtà, emergono persone dolci, persone malinconiche, persone spavalde ma che sono tutte vòlte a risolvere un problema, un’urgenza, che è un’urgenza poi legata alla loro sopravvivenza, ma che con l’esperienza e col tempo – e così è stato quando poi ho studiato meglio una di loro che è Marianna, che è quella che le ospita – apprendono anche un’umanità molto importante e molto viva per svolgere il mestiere che viene loro affidato.

D. – In loro ha trovato più forte la necessità di rimanere o il desiderio di ritornare?

R. – No, è più forte la necessità di rimanere. Il fatto stesso che non parlino quasi più la loro lingua, se non proprio in momenti in cui o stanno giocando, come nel letto in cui si ritrovano in una strana euforia o a casa dopo la Messa, in cui comunque raccontandosi un po’ le loro vite, l'una si sorprende perché l’altra non torna a casa da sei o sette anni… Però, il fatto stesso che l’italiano sia la lingua che domina il loro modo di comunicare ci fa pensare che loro proprio desiderano integrarsi e restare nel Paese che hanno scelto. E quindi, ho notato anche che il loro sentimento verso le loro famiglie è un sentimento, forse per necessità, più freddo di quello che noi viviamo, nel senso che riescono a trascorrere tempi lunghissimi senza rivedere i loro figli e non sembra neanche che sia una necessità dell’immediato o comunque nascosta e sottesa ai loro ragionamenti. Quello che è chiaro è che per loro è fondamentale trovare i soldi per poterli mandare là dove sono rimaste le persone con cui hanno costruito un nucleo familiare, o i genitori o i mariti o i figli.

D. – Quando lei ha proposto a queste tre donne il film, qual è stata la loro reazione?

R. – Io vorrei vedere, davvero, sono molto curiosa di vedere la loro reazione quando lo vedranno il film, perché loro hanno seguito me ciecamente, volevo raccontare le loro giornate e quindi dovevano essere il più possibile loro stesse e parlare come si parlano quando stanno insieme, fare le cose che danno uno svolgimento al loro tempo e al loro quotidiano. Mi piacerà vedere come si vedranno perché forse non sanno che hanno raccontato davvero una bella storia.








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