La corruzione che distrugge la persona, il radicalismo che affascina chi non ha prospettive di lavoro, il tribalismo che rende nemica gente di una stessa nazione. A questi temi posti dai giovani del Kenya ha risposto Papa Francesco nell’ultimo impegno pubblico vissuto nello Stadio Kasarani di Nairobi, prima di partire per l’Uganda. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Una festa non può che essere “Hakuna matata”, senza problemi né pensieri. E lo Stadio Kasarani gremito di ragazze e ragazzi è l’oasi della festa dopo il deserto dei diritti umani annidato fra le baracche di Kangemi. Canti, balli, l’allegria sugli spalti e sulla pista investono potenti e lievi Francesco al suo ingresso in papamobile. Anche il presidente Kenyatta, sua moglie, il capo della comunità islamica, religiosi, giovani improvvisano un “trenino” a tempo di musica che emoziona e lascia stupiti i non africani.
Le domande dei giovani
L’allegria è però un sipario che viene scostato per
lasciare spazio all’ascolto composto quando sul palco dove siede Francesco salgono
due giovani che con le loro testimonianze mettono il dito in alcune piaghe del Paese
– corruzione, tribalismo, la seduzione che il radicalismo esercita sui giovani – chiedendo
al Papa il modo per curarle.
Il tarlo del tribalismo
Francesco accantona il discorso preparato e in spagnolo
affronta i temi uno a uno, con intensità, ampiezza e la consueta efficacia espressiva.
Il tribalismo, comincia, sono due mani “nascoste dietro la schiena” che stringono
pietre da scagliare “contro l’altro”, mentre ciò che lo vince - e lo dimostra invitando
tutti a stringersi la mano - e un confronto rispettoso vissuto "tutti i giorni":
“Il tribalismo si vince soltanto con l’ascolto, con il cuore e con la mano. Con le orecchie: qual è la tua cultura? Perché sei così? Perché la tua tribù ha questa abitudine, questo uso? La tua tribù si sente superiore o inferiore? Con il cuore: una volta che ho ascoltato con le orecchie la risposta, apro il mio cuore e tendo la mano per continuare il dialogo. Se voi non dialogate e non vi ascoltate fra di voi, allora ci sarà sempre il tribalismo, che è come un tarlo che corrode la società”.
Lo zucchero della corruzione
Il capitolo della corruzione provoca come sempre nel
Papa un empito di condanna e insieme di premura verso il giovane pubblico che può
ancora salvarsi da questo cancro. Francesco racconta qualche aneddoto e ribadisce
che “la persona corrotta non vive in pace”:
“Questo non soltanto nella politica, ma in tutte le istituzioni, incluso in Vaticano ci sono casi di corruzione. La corruzione è qualcosa che ci entra dentro. E’ come lo zucchero: è dolce, ci piace, è facile e poi? Finiamo male! Facciamo una brutta fine! Invece di tanto zucchero facile, finiamo diabetici e anche il nostro Paese finisce di ammalarsi di diabete… Ogni volta che accettiamo una ‘bustarella’, una tangente; ogni volta che accettiamo una 'bustarella' e ce la mettiamo in tasca, distruggiamo il nostro cuore, distruggiamo la nostra personalità e distruggiamo la nostra patria (...) Ragazzi e ragazze, la corruzione non è un cammino di vita: è un cammino di morte!”.
Educazione e lavoro contro il radicalismo
Una domanda riguarda l’uso dei media. Il Papa è spiazzante.
“Il primo mezzo di comunicazione – dice – è la parola, è il gesto, è il sorriso”,
è lo stare “vicini” a poveri e abbandonati: “Questi gesti di comunicazione – soggiunge
– sono più contagiosi di qualunque rete televisiva”. Quindi, il discorso si sposta
sui giovani affascinati e reclutati dal radicalismo che li trasforma in assassini:
“La prima cosa che dobbiamo fare per evitare che un giovane sia reclutato o che cerchi di farsi reclutare è istruzione e lavoro. Se un giovane non ha lavoro, che futuro lo attende? Da lì entra l’idea di lasciarsi reclutare. Se un giovane non ha possibilità di ricevere una educazione, anche un’educazione di emergenza, di piccoli incarichi, che cosa può fare? Lì c’è il pericolo! E’ un pericolo sociale, che va al di là di noi, anche al di là del Paese, perché dipende da un sistema internazionale, che è ingiusto, che ha al centro dell’economia non la persona, ma il dio denaro”.
Fallimento e Risurrezione
Simpatico il modo col quale Francesco si rivolge al
giovane Manuel, che definisce “teologo” per la profondità delle sue domande. La prima
riguarda il modo in cui è possibile capire che “Dio è nostro Padre”, come scorgerne
la presenza nelle tragedie della vita. Il Papa confida di conservare in tasca ciò
che lo aiuta a non perdere “la speranza” ed estrae dalla tasca un Rosario e una scatolina
contenente, dice, “la storia del fallimento di Dio”, le stazioni della Via Crucis:
“C’è una sola strada, guardare al Figlio di Dio. Dio lo ha consegnato per salvare tutti noi. Dio stesso si è fatto tragedia. Dio stesso si è lasciato distruggere sulla Croce. E quando è il momento in cui non capite, quando siete disperati e quando il mondo ti cade addosso, guarda la Croce! Lì c’è il fallimento di Dio; lì c’è la distruzione di Dio. Ma lì c’è anche la sfida alla nostra fede: la speranza. Perché la storia non è finita in quel fallimento: c’è stata la Resurrezione che ha rinnovato tutti”.
Fate il bene che non avete ricevuto
La seconda domanda è per i giovani che non hanno mai
conosciuto l’amore di una famiglia. Il Papa replica con il calore che sempre in lui
suscita ogni aspetto dell’umanità sofferente e indica ai giovani la regola d’oro,
il fare agli altri quello che non si è ricevuto:
“Difendete la famiglia! Difendetela sempre. Ovunque non solo ci sono bambini abbandonati, ma anche anziani abbandonati, che stanno lì senza che nessuno li visiti, senza nessuno che voglia loro bene (…) Se voi non avete ricevuto comprensione, siate comprensivi con gli altri. Se voi non avete ricevuto amore, amate gli altri. Se voi avete sentito il dolore della solitudine, avvicinatevi a quelli che sono soli. La carne si cura con la carne! E Dio si è fatto carne per curarci. Facciamo anche noi lo stesso con gli altri”.
La vita nuova che i giovani kenyani vogliono trapiantare nel loro Paese è stata simboleggiata dalle tre piantine presentate e benedette da Francesco. L’amore che nutrono per lui da una placca con su indicato il numero di Rosari recitati secondo le sue intenzioni. Il Papa ha ringraziato ricordando quale sia “l’unico difetto” di Dio: “Non può smettere di essere Padre”.
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