2015-11-27 11:07:00

Caritas Triveneto: il territorio fatica ad accogliere, andiamo avanti


"Masse di stranieri ci stanno invadendo". Lo ha scritto il "Veneto Fronte skin" sul proprio sito rivendicando la partecipazione al blitz nella notte del 24 novembre a diverse sedi della Caritas nel Nord Italia. Manifesti funebri e sagome di cadaveri con i colori della bandiera italiana contro lo Ius soli. Alessandro Guarasci ha sentito don Marino Callegari delegato delle Caritas del Triveneto:

R. – C’è quello sguardo che noi diciamo pedagogico, educativo, rispetto a un’emergenza che stiamo vivendo nel territorio che in primis è quella dei richiedenti asilo, che noi chiamiamo normalmente rifugiati, ed è  il lavoro che facciamo nelle nostre territoriali. Credo che sia questa la modalità oggi che ha trovato la sua più forte visibilità in queste “manifestazioni notturne”. I direttori delle Caritas si sono trovati poi manifesti di tipo funebre nei loro porti o queste sagome di bandiera tricolore per terra. Ma questo atteggiamento dice anche, credo, un malessere più ampio, dice anche una fatica e una difficoltà che oggi i nostri territori fanno nel rielaborare pensieri e nell’accogliere le persone, soprattutto i migranti.

D. – Ma questo cosa vuol dire? Che il benessere del Triveneto ha reso anche più duri i cuori e le menti?

R. – Riguardo a questo non occorreva che ci fossero queste manifestazioni per collegare una situazione per cui adesso dire di benessere potrebbe sembrare una parola molto forte. Sicuramente, il Nordest è stato un luogo di benessere economico: le ricerche che sono state fatte ci dicono che a fronte di un grande benessere economico, che abbiamo vissuto ad esempio in tutti gli anni Novanta, nel primo decennio del Duemila non c’è stato un progresso culturale e anche solidaristico. Io direi che più che il benessere oggi è la fatica economica che anche il Nordest sente, prova. Mi verrebbe da dire che, rispetto al nostro lavoro, è più la situazione di precarietà che origina e ha originato anche nel nostro territorio la fatica dell’accoglienza.

D. – Quanto incidono secondo lei imessaggi negativi che arrivano da alcune forze politiche, che magari anche nel Triveneto hanno radici forti?

R. – Io credo incidano molto, senza voler poi entrare nello specifico… In questi giorni, mi sono sentito con i miei colleghi, direttori Caritas nelle sedi dove ci sono state le manifestazioni. Noi stiamo tastando il polso della situazione quando nelle parrocchie, nei consigli di quartiere, nelle assemblee comunali, proponiamo, manifestiamo e diciamo come svolgere l’accoglienza. Rispetto a questo, il polso della situazione l’abbiamo proprio nel contatto quotidiano rispetto alle nostre comunità – comunità cristiane e comunità civili – che indubbiamente anche nel nostro Nordest a vocazione solidaristica mostrano fatiche e difficoltà non indifferenti e anche come Chiesa su questo qualche riflessione dovremo farla.

D. – Per chiudere, voi comunque non arretrate…

R. – Neanche di un metro! Anzi, per molti aspetti direi che è qui che si gioca la capacità educativa di un organismo pastorale come la Caritas che non fa solo assistenza, che non si propone di fare solo assistenza, ma di far crescere la cultura dell’accoglienza nella comunità ecclesiale e in quella civile.








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