2015-11-26 14:46:00

Padre Kizito: in Kenya sempre più ampio divario tra ricchi e poveri


Il Kenya negli ultimi anni ha avuto uno sviluppo disordinato. In particolare Nairobi, dall’ultima visita di San Giovanni Paolo II nel 1995, ha visto grandi cambiamenti, ma non a vantaggio di molti come afferma padre Renato Kizito Sesana, missionario comboniano, da trent'anni nella capitale keniana. Ascoltiamo la sua testimonianza al microfono di Fabio Colagrande:

R. – E’ cambiata in un modo impressionante: la differenza tra ricchi e poveri è diventata molto grande. Nairobi è diventata una metropoli: 20 anni fa era una città di provincia, oggi è una metropoli con 6 milioni di abitanti e la parte ricca non ha niente da invidiare a Milano. E’ molto più impressionante l’impatto dei grattacieli di Nairobi che non l’impatto che si può avere arrivando a Milano; senza dubbio, anche alla Milano dell’Expo. Dall’altra parte, invece, i poveri continuano ad esserci e continuano ad essere sempre più poveri. E’ incredibile come 20 anni fa si poteva andare in uno slum e trovare persone che vivevano in situazioni indegne di esseri umani, situazioni da animali, da topi, e questa situazione esiste ancora. Non è cambiato niente! Dove c’erano le villette, adesso ci sono i grattacieli; dove c’era gente che viveva di fianco alle fognature, c’è ancora gente che vive di fianco alle fognature…

D. – La Chiesa che è in Kenya, in Uganda e nella Repubblica Centrafricana, quale scossa riceverà da questa visita del Papa? Quali frutti davvero potrà dare la presenza di Francesco in queste terre?

R. – Io penso che sarà un rinnovato impegno della Chiesa a favore dei poveri. Questo è il tema centrale del Pontificato di Papa Francesco. La gente lo percepisce chiaramente, lo percepisce benissimo attraverso le sue parole, i suoi discorsi, ma anche attraverso i suoi gesti. Basta essere in mezzo alla gente quando c’è un programma radio o un programma televisivo di questi giorni in cui  si parla del Papa: i commenti di tutti – e di questo io sono rimasto sorpreso – anche di gente che magari parla a stento l’inglese, fa fatica a esprimersi, guardando la televisione, guardando le immagini, dice: “E’ una persona buona. E’ una guida buona. E’ una persona che ci può insegnare la buona via, il buon cammino”. E’ istintivo e lo percepiscono tutti! Questo viene esaltato mille volte, perché in Africa le cose cominciano quando ci si incontra: ho la sensazione che il primo incontro di questo Papa con l’Africa – soprattutto a Nairobi, dove la gente può andare a vederlo e sentirlo di persona – potrà segnare un cambiamento molto forte nella nostra Chiesa.

D. – L’Africa che Papa Francesco ha definito “il continente sfruttato”, in questi giorni in cui verrà visitato da Papa Francesco, darà anche un messaggio al resto del mondo, il cosiddetto resto del mondo ricco, l’Occidente?

R. – Vivendo da tanto tempo con i poveri, qui nei quartieri di Nairobi, io sono rimasto sempre sorpreso del fatto che la gente che vive in situazioni che - le prime volte che le ho conosciute - trovavo scioccanti, questa gente riesce a sperare, riesce a credere. Qui c’è gente che ha fede; c’è gente per la quale la religione è una cosa importante della vita; c’è gente che non solo riesce a credere e a sperare, ma riesce ad essere contenta, riesce a credere nella vita che ha, nel valore della vita, nel valore delle relazioni umane che sono al centro delle culture africane. Spero che venga di ritorno dall’Africa questo messaggio: “Sì, siamo il continente degli sfruttati, degli scartati; ma siamo anche gente che sa vivere, che ha fede, che ha speranza, che guarda al futuro con gioia, che non è disperata”.








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