2015-11-21 08:31:00

Coree: attese per il vertice Pyongyang-Seul il 26 novembre


Segnali di distensione tra la Corea del Nord e quella del Sud. Pyongyang ha proposto a Seul, che ha accettato, un incontro il 26 novembre nel cosiddetto “villaggio della pace” di Panmunjon. Località che si trova sulla linea di armistizio che divide la Penisola dal 1953. Si tratta del primo contatto a livello governativo dal raffreddamento avvenuto in agosto. Sulle prospettive dell'incontro Massimiliano Menichetti ha intervistato Rosella Ideo, docente di Storia politica e diplomatica dell’Asia all’università di Trieste:

R. – Per entrambe le Coree è importante cercare di riportare il dialogo ed è conveniente anche perché da una parte abbiamo la Corea del Nord, che è sotto il microscopio per gli abusi nel campo dei diritti umani, per i gulag, di cui si è parlato a lungo; e la Corea del Sud ha altrettanto bisogno di ammorbidire la sua opinione pubblica per il tentativo, da parte della Presidente e del partito di governo, di censurare i libri di storia, di cancellare il passato altrettanto oscuro durante gli anni delle dittature.

D. – Ad agosto scorso, le schermaglie militari tra i due Paesi; a settembre, però, di nuovo un’apertura con l’incontro delle famiglie separate dal conflitto e adesso il vertice  della prossima settimana. Cosa emergerà?

R. – In concreto gli obiettivi sono ristabilire un canale di dialogo; in secondo luogo si potrebbero gettare le basi per un nuovo incontro tra le famiglie divise dalla guerra di Corea, non vedo altri sbocchi in relazione a questo tipo di incontri.

D. – Nei prossimi giorni potrebbe esserci anche l’arrivo del Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon: lo ricordiamo, la scorsa visita venne annullata addirittura un giorno prima …

R. – Questo avrebbe un’enorme rilevanza, anche perché è da vent’anni che non si verifica un evento del genere. Non penso che comunque la visita di Ban Ki-moon possa portare a quello che dovrebbe essere lo scopo principale: arrivare a un trattato di pace. Anche perché gli Stati Uniti, che sono la potenza che ha in mano più di tutte la situazione, con l’amministrazione Obama ha dimostrato chiaramente che finché la Corea del Nord rimarrà un Paese detentore di armi nucleari, non arriverà mai a un trattato di pace.

D. – Però proprio il punto del nucleare per Pyongyang è imprescindibile: ribadiscono “è un nostro diritto” …

R. – Pyongyang guarda con attenzione, ovviamente, a quello che succede a livello internazionale. Non vuole finire, Kim Jong Un, come Saddam Hussein, come Gheddafi … Cioè, i casi Iraq e Libia sono ben presenti nella strategia che persegue Pyongyang che ha come unica arma di difesa proprio le armi nucleari. Se non si riconosce la Corea del Nord come Stato indipendente e legittimo, è chiaro che non farà mai una mossa del genere.

D. – Secondo lei, dunque, cosa è necessario per arrivare alla riunificazione della Corea?

R. – Senza la volontà politica delle grandi potenze, Stati Uniti in testa, Giappone, Cina e buon’ultima la Russia, non si arriverà mai a una riunificazione della Corea.

D. – Questo, in un contesto complesso di polarizzazione in cui però la Corea del Nord minaccia sovente lanci di missili contro il Giappone legato agli Stati Uniti, o addirittura contro gli Stati Uniti stessi; però, è consapevole della protezione della Cina …

R. – La Cina tiene ad avere come alleato Pyongyang perché teme, in caso di una caduta di questo regime, di avere gli americani sulla porta di casa. Gli Stati Uniti sono presenti massicciamente, con oltre 27 mila soldati, in Corea del Sud e ancora di più in Giappone. Il Giappone, poi, tantomeno vedrebbe con favore un allentamento delle tensioni nella penisola coreana, perché già la Corea del Sud da un punto di vista economico ha superato ampiamente il Giappone come dinamismo economico, come primati economici. Quindi, diciamo che i vicini più importanti remano contro un cambiamento dello status quo.








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