2015-11-21 16:30:00

Argentina alle urne per il ballottaggio presidenziale


Gli argentini alle urne questa domenica per il ballottaggio presidenziale. Dopo il primo turno del 25 ottobre, gli elettori dovranno scegliere tra il candidato governativo Daniel Scioli, del Fronte per la Vittoria, e il rivale della coalizione della destra liberista Mauricio Macri, di Cambiemos, entrambi di origine italiana. Il nuovo presidente metterà fine a 12 anni di era della famiglia Kirchner. Sulle prospettive e sfide per il nuovo presidente, Massimiliano Menichetti ha intervistato Giuseppe Dentice, esperto di America Latina, dell’Ispi, Istituto Studi Politica Internazionale:

R. – È una sfida molto importante per l’Argentina. Questa potrebbe risultare decisiva non solo dal punto di vista elettorale, ma segnerebbe un cambio di passo nella strategia politica, di politica economica e sociale: una vittoria di Macri potrebbe infatti portare ad una nuova linea, più liberista e liberale, e quindi ad una strategia un po’ più di destra sud-americana rispetto a quella di Scioli, il candidato del presidente uscente Kirchner. Però nessuno si è espresso semplicemente a favore di una ricetta politica per cercare di risanare l’esanime economia argentina, nessuno ha dato delle formule decisive.

D. – Quali sono le sfide principali che il nuovo presidente dovrà affrontare? E come si dipanano i nodi che in sostanza ha tratteggiato?

R. – Le sfide sono molteplici e non riguardano soltanto l’economia. Riguardano anche la società: c’è la lotta alla corruzione e quella all’inflazione. Vari indicatori socio-economici mostrano che non vi sono segnali di una ripresa favorevole nel Paese. Allo stesso tempo, è necessario favorire un maggiore ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, una maggiore competitività del modello argentino, anche rispetto a quello delle altre economie latino-americane. Quindi le sfide del nuovo presidente sono numerose, ma rischiano di essere vuote se non si darà una nuova linea politica che sia basata su programmi e strategie concerete.

D. – L’Argentina è un Paese dalle grandi potenzialità, ma ha avuto due default: perché non riesce a stabilizzare la propria economia?

R. – Le difficoltà sono dettate non solo dai vincoli imposti dalla comunità internazionale - in questo caso dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) o dalla Banca Mondiale - ma anche da problemi interni, dettati dalla struttura economica argentina. La corruzione, ad esempio, è un problema serio che non permette lo sviluppo di un certo tipo di sistema concorrenziale. Allo stesso tempo, avere un’inflazione così alta non facilita assolutamente una revisione della spesa pubblica. O ancora: anche il dover cedere alle spinte popolari per tentare di placare la rabbia sociale non favorisce un sistema di politica economica efficiente. Quindi, volendo sintetizzare, tutta questa serie di tante e piccole criticità non ha favorito il modello argentino, rendendolo vincente, ma ha creato un modello altamente instabile e suscettibile di cambiamenti a seconda sia del contesto internazionale sia – e soprattutto – di quello interno.

D. – Una sfida dunque è proprio questa: arrivare alla stabilità?

R. – Sì! La cosa importante per arrivare a questo obiettivo consiste nel creare un modello argentino stabile e altamente concorrenziale che possa favorire un vero e proprio sviluppo.








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