2015-11-18 14:14:00

Bangladesh, ferito missionario del Pime, è fuori pericolo


Sarebbe fuori pericolo il missionario italiano, padre Piero Parolari, del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime), ferito questa mattina nella diocesi di Dinajpur, nel nord del Bangladesh. Il religioso è stato colpito da un colpo d’arma da fuoco mentre andava a visitare dei pazienti presso l’ospedale della missione. Nessun gruppo ha finora rivendicato l’aggressione, che arriva dopo meno di due mesi dall'uccisione del  cooperante italiano, Cesare Tavella, a Dacca, e in un clima di montante tensione verso le minoranze alimentato da gruppi di estremisti islamici. Marco Guerra ha raccolto la testimonianza di padre Franco Cagnasso, sacerdote del Pime alla missione di Dinajpur:

R. – (Padre Parolari - ndr) ha lasciato l’ospedale di Dinajpur e lo hanno portanto in elicottero ad Dacca, la capitale. Spero – come qualcuno ci ha detto – che lo portino all’ospedale militare, che sembra essere il migliore a disposizione. Le condizioni sono apparse nel pomeriggio meno gravi di come sembravano invece la mattina: ha ripreso a parlare, a muoversi... Muove anche gli arti e questo vuol dire che non sono stati lesionati, perché il rischio era che ci fossero lesioni al midollo o a una vena molto delicata. La speranza è che la ferita sia solo muscolare, perché una pallottola è penetrata sotto la nuca sul lato destro e probabilmente è uscita poi dal lato sinistro, quindi la pallotta non è rimasta. Ha molte fratture, di cui due in faccia  dovute alla cadute, perché andava in biciletta e di solito va anche molto svelto… Ovviamente, ha battuto di colpo, non ha reagito: è caduto in terra con tutta la violenza che si può immaginare. Sembra che lo abbiano affiancato con una moto e che gli abbiano sparato…

D. – Può ricordarci la dinamica dell’attacco?

R. – Dopo aver celebrato la Messa, ha fatto colazione ed è uscito come al solito verso le 8. Stava andando verso l’ospedale dove ha sempre qualche malato da vedere: lui non esercita come medico, però aiuta molti malati, li segue, li accompagna… In una strada abbastanza secondaria, che lui prendeva perché era una scorciatoia, sarebbe stato affiancato da una moto – o forse due – e da questa moto gli hanno sparato sembra un unico colpo, che lo ho preso, appunto, nella parte posteriore del collo. E’ successo alle 8.10. La dinamica poi non è ancora chiara: qualcuno dice che i soccorsi della gente sono tardati, però di fatto un cristiano che fa il portinaio in un palazzo vicino è stato avvisato da qualcuno che gli ha detto che c’era uno straniero che era caduto e che nessuno aiutava: ha quindi preso la sua moto ed è andato, ma quando è arrivato lo avevano già caricato un triciclo elettrico – qui da noi adesso ce ne sono tanti – e lo stavano già portando all’ospedale. La gente lo ha soccorso.

D. – Alcune testimonianze che stanno arrivando parlano in un Paese un po’ scosso dai gruppi radicali islamisti: la Polizia sospetta questa mano, questa matrice… Voi avete avuto sentore da questo punto di vista?

R. – No. Ovviamente, la preoccupazione era nata quando hanno ucciso l’altro italiano, Tavella, e un giapponese, a distanza di pochi giorni. Era fine settembre, inizio ottobre…  Lì c’erano delle minacce contro gli stranieri, per spaventarli e farli andare via. Sembrava che la cosa si fosse un po’ spenta. Adesso, le interpretazioni sono diverse: il governo tenta di minimizzare dicendo che non ci sono estremisti dello Stato islamico, ma che è colpa dell’opposizione che vuole destabilizzare la politica. E’ un fatto che un certo fondamentalismo sia in aumento, ci sono tanti segni, però non così tanto acuti. E’ anche vero che a pochi giorni da questi due assassini, c’è stata anche una bomba collocata dietro alla folla che si stava radunando per partecipare a una processione degli sciiti: gli sciiti sono una minoranza piccolissima. Ma finora non avevano mai avuto guai. In quell’occasione, però, è morta una persona e ne sono state ferite altre. C’erano dei segni così, ma dire che c’era una viva tensione non direi, noi eravamo abbastanza tranquilli. Nessuna minaccia e tantomeno nessuna minaccia diretta, quindi contro le persone singole o contro gruppi in quanto tali.

D. – Quindi, non c’è un clima di tensione montante verso i non islamici, verso le altre comunità religiose?

R. – Un po’ sì, un po’ sì… Non un’attenzione diffusa e forte, ma una certa preoccupazione sì. Naturalmente, dopo il fatto oggi questa aumenta, è chiaro. Non eravamo in stato di allerta grave… Dopo quei due omicidi, la Polizia è venuta qui – dove abbiamo la casa del nostro gruppo e vicino alla parrocchia, dove era assistente il padre Piero – e aveva raccomandato a padre Piero di non uscire tutti i giorni alla stessa ora in bicicletta, perché lui tutti i giorni usciva alla stessa ora, in bicicletta per andare in due-tre ospedali a trovare i malati e a vedere come stessero… E lui per qualche giorno non è uscito.

D. – La comunità cristiana, comunque, continua a vivere, a celebrare le festività. Qual è la situazione? C’è paura?

R. – Finora, tutto è andato avanti naturalmente. In alcune missioni, da quando sono successi quei fatti, la Polizia controlla quando ci tengono celebrazioni particolari, ma solo in alcune… La nostra tendenza è quella di non drammatizzare. A livello di rapporti con gli stranieri, raccomandavano di non andare in alcuni posti e non volevano che si andasse fuori dalla missione in bicicletta e a piedi, ma con la macchina su cui saliva anche un poliziotto… Però, questo solo in due o tre posti.

D. – Quindi, raccomandate più prudenza anche ai fedeli…

R. – La Polizia su questo non ha detto nulla. I fedeli sono preoccupati. Sono preoccupati per noi e sono preoccupati per loro, perché sentono che c’è un rischio montante di oppressione su di loro, sui cristiani. Quindi, preoccupazione c’è. Il governo ci tiene a far vedere che protegge le minoranze, che protegge gli stranieri. Ma francamente sembra brancolare nel buio.








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