2015-11-15 08:30:00

Mons. Angueli: tutto il mondo si poggia sulla misericordia


Le diocesi italiane si preparano al Giubileo della Misericordia indetto dal Papa che si aprirà solennemente l’8 dicembre. Diverse le iniziative pensate per consentire ai fedeli di vivere l’Anno Santo con un adeguato accompagnamento spirituale. Mons. Vito Angueli, vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, in Puglia, ha scritto per la sua diocesi una lettera per spiegare meglio cos’è la misericordia e come sperimentarla a livello personale, nelle comunità e nella vita di ogni giorno. Tiziana Campisi lo ha intervistato:

R. – La Lettera che ho scritto per il Giubileo, naturalmente, è in continuità con la Bolla emanata da Papa Francesco, ma è una lettera, ovviamente, che si riferisce in maniera particolare alla nostra diocesi. Ho voluto riprendere due immagini. Una da un dipinto di Géricault, “La zattera di Medusa”. E’ una zattera nella quale alcuni superstiti avvistano una nave che viene a soccorrerli e quindi passano dall’angoscia di poter morire in mare ad un atteggiamento di speranza. La zattera io l’ho voluta identificare con la misericordia: la misericordia è la zattera su cui tutto il mondo, a mio parere, poggia e guarda in avanti verso un avvenimento che è davanti a sé e può portare a salvezza. La seconda immagine è quella che ho ripreso dalla Bolla del Papa e cioè la misericordia come architrave che sorregge la vita della Chiesa. Sulla misericordia si poggia non soltanto la vita del mondo, ma si poggia anche tutta la missione della Chiesa e allora ai miei fedeli ho voluto ricordare che questo avvenimento giubilare è un momento per un rinnovamento; sia per le nostre comunità ecclesiali sia anche di un messaggio da dare al mondo per un rinnovamento anche della società civile.

D. – Lei ha anche scelto un grande padre della Chiesa per spiegare ai suoi fedeli cos’è la misericordia…

R. – Sì, effettivamente mi sono rifatto anche a diversi padri della Chiesa; ho citato San Bernardo e Sant’Agostino. Sant’Agostino definisce la misericordia in maniera veramente semplice ma nello stesso tempo stupenda: misericordia significa caricarsi il cuore di un po’ di miseria altrui e cioè non soltanto vivere un atteggiamento di carità, ma viverlo con il cuore, con una partecipazione, con una condivisione. In ultima analisi, la misericordia è Dio che partecipa a noi il suo amore e la stessa cosa dovrebbe essere da parte nostra. Avere misericordia per gli altri significa non soltanto compiere un gesto di carità, ma entrare profondamente nel cuore dell’altro e vivere con il cuore la difficoltà e la miseria di chi ci sta accanto.

D. – Nella sua lettera lei indica come vivere il Giubileo a livello personale, a livello parrocchiale e a livello diocesano…

R. – Si tratta di aiutare i fedeli a riscoprire e a comprendere il valore della misericordia; quindi a livello personale si tratta di entrare più profondamente nel tema della misericordia. A livello parrocchiale significa rimettere al centro il Sacramento della Penitenza ma anche vivere e diventare una comunità di misericordia. Ciò che conta è che l’atteggiamento della misericordia si trasformi poi, dopo, in una realtà che coinvolga l’intera comunità. E sarebbe molto bello se, nei nostri paesi - che non sono molto grandi - la parrocchia si trasformasse e diventasse per tutti un segnale, una luce, dove poter vivere veramente questo sentimento di appartenenza piena al Signore. Un sentimento che poi provoca un atteggiamento di carità e di misericordia. A livello diocesano, abbiamo pensato ad alcune iniziative. In particolare, ovviamente, l’apertura della porta della cattedrale di Ugento e della porta del santuario di Leuca. Poi abbiamo programmato un pellegrinaggio diocesano a Roma. Inoltre tutte le altre iniziative che faremo - per esempio la formazione del clero – le imposteremo tutte al fine della comprensione del valore della misericordia, sia dal punto di vista sacramentale, sia dal punto di vista pastorale, sia dal punto di vista spirituale.

D. – Questo Giubileo contribuirà a quella che è un po’ la pastorale pensata nella sua diocesi?

R. – Io penso di sì. Noi stiamo vivendo nel Salento una molteplicità di problemi, problemi che sono in parte comuni anche a tutta la realtà italiana o alla realtà del sud, ma ci sono anche problemi sociali, realtà che riguardano l’agricoltura, la povertà, l’emigrazione. Io sono convinto che questo momento spirituale, se vissuto intensamente, possa portare rinnovamenti anche dal punto di vista sociale e civile, perché possa esserci un movimento spirituale interiore. Un movimento che poi si riverberi anche all’esterno, negli atteggiamenti, nelle problematiche che vediamo, soprattutto nel riconsegnare, nel rifare il tessuto di una società che è attraversata da molti problemi, che occorre affrontare con coraggio e guardare con fiducia.








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