2015-11-12 20:06:00

Summit sui migranti: confermato piano di aiuti da 3 miliardi


Seconda giornata oggi a Malta per il summit sui migranti: seduti al tavolo i rappresentanti di 90 delegazioni di Paesi africani e dell'Unione europea per fare il punto e affrontare l'emergenza, tra finanziamenti ai Paesi d’emigrazione e politiche comuni su accoglienza e rimpatri. Ieri il primo accordo firmato, tra Etiopia e Ue, sul controllo dell’immigrazione clandestina; oggi Consiglio europeo straordinario al termine dei lavori. Da La Valletta Michele Luppi: 

Una corsa per salvare Schengen. E’ questa la preoccupazione del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk espressa – poco dopo le 13 alla chiusura del Summit della Valletta sulle migrazioni. Ed è lo stesso timore che ha fatto da filo conduttore alla riunione informale del Consiglio europeo convocata a margine dell’incontro. Una riunione, appena conclusa, in cui i leader dei 28 Paesi dell’Unione europea hanno spostato l’attenzione dall’Africa al Medio Oriente, dal Mediterraneo centrale alla rotta balcanica. Al tavolo si è parlato soprattutto di Turchia e del tentativo di trovare un accordo per aiutare il Paese a dare un rifugio ai 2 milioni di profughi in fuga dalla Siria evitando così  - ma questo i leader l’hanno lasciato sottointeso - il loro riversamento verso i Balcani e l’Europa centrale. Il presidente Tusk, affiancato nella conferenza stampa conclusiva dal presidente della Commissione Junker, ha espresso la volontà di organizzare un Summit dei Paesi europei con il presidente turco Erdogan entro la fine del mese di novembre. “Al 99% si farà” ha confermato. Intanto il presidente Junker ha rilanciato il piano di aiuti da 3 miliardi già emerso dall’ultimo Consiglio europeo. Parte delle risorse, circa 500 milioni di euro, verranno recuperate dal bilancio Ue mentre i restanti 2,5 miliardi, dovranno essere messi a disposizione dai Paesi europei in forma proporzionale al proprio bilancio nazionale.

 

Presente al vertice di Malta, in qualità di osservatore, è anche il Sovrano Ordine di Malta. Francesca Sabatinelli ha intervistato Dominique de La Rochefoucauld-Montbel, Grande Ospedaliere dell’Ordine di Malta:

R. – Chacun a donné l’impression d’avoir sono propre agenda…
Ognuno ha dato l’impressione di avere la sua propria agenda e che non ci fosse un’agenda europea che volesse  affrontare una questione importante che riguarda così tanta gente. Parliamo di milioni di migranti, parliamo di centinaia di migliaia di persone per strada, e soltanto poche settimane fa si parlava di come gestire 40 mila persone che arrivano in Europa. Non so se ci saranno risultati clamorosi (a Malta ndr) ma il fatto che l’insieme degli Stati dell’Unione europea si metta d’accordo di incontrarsi per discutere della situazione, forse permetterà di avere una capacità di essere più reattivi, perché una soluzione possa essere accettata e accettabile per tutti gli Stati europei.

D.  – Vediamo però un’Europa dove si continuano a costruire muri …

R.  – Je crois que une réaction de peur face à une impréparation…
 Credo che ci stata una reazione di paura di fronte all’essere impreparati. Fino a qualche mese fa  nessuno avrebbe potuto pensare che ci sarebbe stata questa folla immensa che si sarebbe scatenata verso l’Europa venendo dal Medio Oriente. Ci sono state due o tre ragioni concomitanti. La prima è la scelta delle organizzazioni internazionali di abbassare gli aiuti finanziari, è evidente che non c’era più abbastanza di cosa sopravvivere e per spostarsi, e ci si è resi conto, noi anche eravamo sul terreno, che le famiglie si riunivano per scegliere chi tra loro dovesse andare in Europa per cercare di salvare la famiglia. Questa è la prima cosa. La seconda è che le capacità di accoglienza sono quelle che sono, e anche se in Germania l’Ordine di Malta fornisce molti centri d’accoglienza, tutti questi centri sono esplosi, dopo di che si è detto che queste persone non sono state ben accolte, ma sono state accolte come si poteva, vista l’impreparazione, dunque la paura è comprensibile. Ma credo sia necessario porsi altre priorità. La gente verrà per diversi anni, l’Europa sembrerà sempre essere un “Eldorado”, anche se la situazione è difficile, quindi dobbiamo sviluppare sempre più quest’accoglienza, e andare oltre la nostra paura. E questo è anche il ruolo della politica, che è quello di esser reattiva e di anticipare questa situazione affinché la gente non abbia paura per la propria sicurezza, per il proprio impiego. Noi siamo sul terreno, con un’azione umanitaria, incontriamo le persone, le vediamo spostarsi. Questi milioni di persone che si sono spostate dai Paesi intorno alla Siria, tutta questa gente non cerca che una cosa sola: un po’ di sicurezza. Dunque l’ultima cosa che dovrebbe accadere è  che questa gente che arriva da noi ritrovi l’insicurezza perché viene accolta male.

D. –  L’Ordine di Malta è molto presente nei Paesi limitrofi alla Siria, dove portate assistenza ai profughi, ma quale è la situazione sul terreno?

R. – Nous voyons que ce que nous avons fait en Libye…
Vediamo che quello che è stato fatto in Libia ha aperto un cratere enorme con effetti collaterali sull’Egitto, sulla Tunisia, in Siria è lo stesso. Per secoli lì ci sono state popolazioni che avevano credenze differenti e che vivevano in buoni accordi, in “buona compagnia”, c’era il proprio vicino: cristiano, sciita, alawita, sunnita, si era formato un “tutto” e questo "tutto" è esploso. E ciò che è deplorevole è che tutti coloro che si spostano non torneranno più, non ci sarà più il proprio vicino, è questo che è esploso. E credo che la situazione siriana durerà ancora. Non sono il governo, il presidente a creare confusione, oggi siamo andati molto oltre, con l’ingerenza straniera che ha preso parte, non direi che si è rischiato di rifare lo stesso errore che in Iraq, ma quasi. A un certo punto si è rischiato che i Paesi occidentali, che l’America, la Francia, intraprendessero un’azione militare forte, poi ci si è ritirati . Adesso siamo tornati su una posizione militare con i bombardamenti “mirati”, e  adesso la Russia sta entrando con la sua ‘agenda’. Non so se sia un bene o no, ma quello che vedo è che si arriva a una militarizzazione che non vede progetti di uscita. Non dimentichiamo mai che in quei Paesi l’onore è molto importante, ed è necessaria una soluzione che possa piacere, diciamo “convenire” alle parti in causa. Ma le parti oggi sono talmente numerose, le priorità talmente diverse, che le sole vittime sono le popolazioni, qualunque sia la loro religione, sono tutti sfollati.

 








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