Un pressante appello a ritirare l’esercito dai territori di Mindanao abitati dai lumad, le popolazioni tribali, è stato rivolto al governo di Manila dal card. Luis Antonio Tagle. Dal 26 ottobre 700 indigeni sono accampati nel centro della capitale filippina per protestare contro le violenze e gli omicidi extragiudiziali di cui sono vittime e contro la militarizzazione dei loro territori, teatro di sanguinosi scontri tra le forze governative e le formazioni della guerriglia. Dal 2010 decine di lumad sono stati uccisi, mentre l’occupazione dei territori indigeni da parte delle forze armate ha costretto almeno 3mila persone ad abbandonare le proprie terre. Le uccisioni si sono intensificate nel 2015.
Disarmare i gruppi paramilitari
Il card. Tagle ha incontrato oggi i manifestanti per esprimere la sua solidarietà
e si è rivolto al governo perché si impegni a disarmare i gruppi paramilitari e ad
assicurare alla giustizia i responsabili degli omicidi. “Quanto accaduto ai nostri
fratelli e sorelle a Mindanao è triste e inquietante”, ha dichiarato, chiedendo aiuti
per gli sfollati. Come gesto simbolico di solidarietà ha poi donato 10mila pesos ai
manifestanti.
I lumad vittime dell’accaparramento delle loro terre
La Chiesa filippina ha già condannato in più di un’occasione le gravi violazioni dei
diritti umani dei lumad a Mindanao, criticando la risposta del governo. Lo scorso
settembre il vescovo ausiliare di Manila, mons. Broderick Pabillo, a capo del Comitato
permanente per gli affari pubblici della Conferenza episcopale filippina (Cbcp), aveva
ribadito la solidarietà dei vescovi. Secondo il gruppo dei “Missionari rurali delle
Filippine” (Rmp), i lumad sono sotto attacco perché difendono le loro terre ancestrali.
I popoli tribali continuano , infatti, ad essere vittime dell’accaparramento delle
loro terre perpetrato dalle industrie minerarie e delle multinazionali dell’industria
agroalimentare, appoggiati dalle autorità e dai gruppi paramilitari al servizio dell’esercito.
(A cura di Lisa Zengarini)
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