2015-11-11 11:00:00

Papa a Firenze: andare controcorrente, misericordia è nostra identità


I cristiani abbiano il coraggio di superare l’opinione corrente per annunciare la misericordia di Dio. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha levato nella Messa allo Stadio Franchi, ultimo appuntamento della visita a Firenze, in occasione del Convegno Ecclesiale Nazionale. Il Pontefice ha sottolineato che il vero umanesimo ha il volto della carità ed ha ribadito che il cristiano non deve mai distaccarsi dalla gente. Nel suo saluto, il cardinale arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, ha ringraziato il Papa per aver esortato i fiorentini ad “essere degni eredi” della “storia di carità e di misericordia” della loro città. Da Firenze, il servizio del nostro inviato Alessandro Gisotti:

A Firenze, culla dell’umanesimo, Papa Francesco esorta a costruire un’umanità rinnovata che trovi nel volto misericordioso di Dio, Misericordiae Vultus, la spinta ad impegnarsi per un mondo dove “nessuno è lasciato ai margini o scartato; dove chi serve è il più grande; dove i piccoli e i poveri sono accolti e aiutati”. La gioia è palpabile allo Stadio Franchi tra i fedeli, almeno 50 mila, che accolgono con grande affetto il Papa: sventolio di bandiere, striscioni colorati e cori gioiosi. Tanti i giovani presenti che, già nella mattinata, avevano salutato festosamente il passaggio della papamobile nelle vie del centro di Firenze. Anche i detenuti del carcere fiorentino hanno voluto essere partecipi dell'evento con l’altare da loro costruito per la celebrazione e che il Papa ha ringraziato con parole paterne. Nell’omelia, Francesco muove la sua riflessione dalla domanda che il Signore pone ai suoi discepoli: “La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?”.

Il cristiano non si distacchi mai dalla gente
A Gesù, rileva, “interessa quello che la gente pensa non per accontentarla, ma per poter comunicare con essa”. E avverte che anche oggi, “senza sapere quello che pensa la gente, il discepolo si isola e inizia a giudicare la gente secondo i propri pensieri e le proprie convinzioni”. Mantenere “un sano contatto con la realtà, con ciò che la gente vive, con le sue lacrime e le sue gioie – avverte Francesco – è l’unico modo per poterla aiutare, formare e comunicare”:

“I discepoli di Gesù non devono mai dimenticare da dove sono stati scelti, cioè tra la gente, e non devono mai cadere nella tentazione di assumere atteggiamenti distaccati, come se ciò che la gente pensa e vive non li riguardasse e non fosse per loro importante”.

“La Chiesa, come Gesù, vive in mezzo alla gente e per la gente. Per questo – afferma – la Chiesa, in tutta la sua storia, ha sempre portato in sé la stessa domanda: chi è Gesù per gli uomini e le donne di oggi?”.

Annunciare Gesù è il cuore della nostra identità cristiana
Il Pontefice rammenta così la figura del Santo Papa Leone Magno, originario della Toscana, che aveva un’ansia apostolica perché tutti potessero conoscere Gesù, e conoscerlo veramente, “non una sua immagine distorta dalle filosofie e dalle ideologie del tempo”. Anche oggi, avverte, dobbiamo allora chiederci chi è il Signore per noi:

“Solo se riconosciamo Gesù nella Sua verità, saremo in grado di guardare la verità della nostra condizione umana, e potremo portare il nostro contributo alla piena umanizzazione della società. Custodire e annunciare la retta fede in Gesù Cristo è il cuore della nostra identità cristiana, perché nel riconoscere il mistero del Figlio di Dio fatto uomo noi potremo penetrare nel mistero di Dio e nel mistero dell’uomo”.

Il Papa ricorda la risposta di Pietro alla domanda di Gesù: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Parole, annota, che racchiudono “tutta la missione di Pietro" e riassumono "ciò che diventerà per la Chiesa il ministero petrino, cioè custodire e proclamare la verità della fede; difendere e promuovere la comunione tra tutte le Chiese; conservare la disciplina della Chiesa”. Papa Leone, soggiunge, “è stato e rimane, in questa missione, un modello esemplare, sia nei suoi luminosi insegnamenti, sia nei suoi gesti pieni della mitezza, della compassione e della forza di Dio”.

La nostra salvezza è nell’amore misericordioso di Dio
Anche oggi, riafferma, “la nostra gioia” è anche “andare controcorrente” e “superare l’opinione corrente, che, oggi come allora, non riesce a vedere in Gesù più che un profeta o un maestro”. La nostra gioia è invece “riconoscere in Lui la presenza di Dio, l’inviato del Padre”:

“Alla radice del mistero della salvezza sta infatti la volontà di un Dio misericordioso, che non si vuole arrendere di fronte alla incomprensione, alla colpa e alla miseria dell’uomo, ma si dona a lui fino a farsi Egli stesso uomo per incontrare ogni persona nella sua condizione concreta. Questo amore misericordioso di Dio è ciò che Simon Pietro riconosce sul volto di Gesù”.

Un volto, evidenzia, che ritroviamo nella Parola di Dio, nei Sacramenti, ma anche nell’amore e nel povero. Ancora oggi, afferma il Papa, "questa verità della fede è verità che scandalizza, perché chiede di credere in un Dio che si è abbassato fino alla morte di croce".

Il vero umanesimo ha il volto della carità
A meno di un mese dall’inizio del Giubileo, Francesco parla dunque di una misericordia divina che “colmerà ogni nostro limite”. E si dice sicuro che proprio in questa comunione tra divino e umano si gettano i semi che “contribuiscono a creare un’umanità nuova, rinnovata”. “Dio e l’uomo – riprende – non sono i due estremi di una opposizione: essi si cercano da sempre”, “non può esserci vera sapienza se non nel legame a Cristo e nel servizio alla Chiesa”:

“È questa la strada su cui incrociamo l’umanità e possiamo incontrarla con lo spirito del buon samaritano. Non per nulla l’umanesimo, di cui Firenze è stata testimone nei suoi momenti più creativi, ha avuto sempre il volto della carità. Che questa eredità sia feconda di un nuovo umanesimo per questa città e per l’Italia intera”.

Un umanesimo che Francesco, a Firenze, non ha solo testimoniato con le sue parole ma anche con gesti, come il pranzo con i poveri e la preghiera con i malati, che i fiorentini non potranno dimenticare.








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