2015-11-10 15:17:00

Myanmar: Suu Kyi vince alle elezioni, ma necessario il dialogo


Trionfo in Myanmar della Lega nazionale per la Democrazia (Nld) di Aung San Suu Kyi alle elezioni legislative di domenica scorsa. Per i risultati ufficiali ci vorranno ancora alcuni giorni, ma il Premio Nobel per la Pace si spinge a prevedere per il suo partito la conquista del 75% dei seggi in parlamento. Il presidente uscente, Thein Sein, a capo della formazione creata dai militari per guidare la transizione, ha già riconosciuto la sconfitta. Quale ora lo spazio che la Lega potrà avere per portare riforme e democrazia nel Paese? Adriana Masotti lo ha chiesto al segretario generale dell’Associazione "Amicizia Italia-Birmania", Cecilia Brighi, in questi giorni in Myanmar:

R.  – Comincia un lavoro di lunga lena, ma non è che con delle elezioni, dopo 50 anni, si possa cambiare e arrivare alla democrazia nel giro di pochi mesi. Sarà un lavoro difficile. Il partito dell’Nld ha una forte carica politica, una buona strategia e un buon programma e si trova a doversi confrontare con la realtà di fatto che è caratterizzata da un 25% dei militari in parlamento. Senza il loro consenso, non potrà cambiare una virgola della Costituzione. I militari hanno il potere di nominare il ministro della Difesa, il ministro degli Interni, il ministro degli Affari di confine, che è il ministro che ha la responsabilità dei rapporti con le minoranze etniche. E poi, c’è un terzo incomodo che è il Consiglio nazionale per la sicurezza, che è un organismo militare che può decidere la sospensione del funzionamento del parlamento e del governo in qualsiasi momento. Quindi, Aung San Suu Kyi deve fare i conti con i militari, deve aprire il dialogo con loro, deve mettersi d’accordo sulla gestione delle responsabilità di governo e deve lentamente convincere i militari che possono essere tranquilli, tentando di cambiare anche alcuni elementi importanti che sono il loro ruolo nell’economia. Quindi, è un momento molto bello per il Paese, ma è anche un momento molto difficile perché la gente ha votato in massa l’Nld, ma l’Nld deve cominciare a dare delle prime risposte non appena si insedierà, cioè a marzo.

D. – Una parola sulle reazioni internazionali. La Cina dice che è pronta a sostenere il nuovo corso. La Casa Bianca è prudente, dice che non è ancora il momento di cambiare la sua politica verso il Myanmar…

R. – Io credo che la Casa Bianca abbia ragione a essere prudente. E’ chiaro che i militari faranno fatica a cedere il loro potere, fino ad adesso assoluto. E’ giusto che gli americani mantengano un’attenzione particolare. Spero che lo faccia anche l’Unione Europea, perché è solo così che si può aiutare la Birmania a cambiare. E’ importante che l’Unione Europea continui a mantenere una forte attenzione sugli sviluppi successivi, perché oggi siamo tutti qui a festeggiare ma da dopodomani mattina, cioè da quando comincerà il dialogo tra l’Nld e l’ex partito di governo e i militari, bisognerà continuare a sostenere il processo di cambiamento e far vedere ai militari che l’attenzione internazionale è ancora qui e che non possono comportarsi come se nulla fosse stato.

D. – Sappiamo che i sostenitori della Lega stanno festeggiando. Qual è il clima lì dove lei si trova?

R. – Io sono ad Rangoon, dietro la sede dell’Nld, e quindi c’è sempre un viavai di giovani ma non solo. Ci sono anche molti anziani e sono tutti veramente gioiosi: per loro è come una bottiglia di champagne che viene aperta e quindi c’è tutta questa energia che fuoriesce all’improvviso. Una vecchia signora intervistata, a cui chiedevano cosa ne pensasse, ha detto in televisione: “Io tutta la vita ho mangiato verdura, verdura, verdura. Finalmente posso mangiare qualche altra cosa e posso scegliere il pollo”. Come dire: adesso è il momento di cambiare e di avere qualcosa di diverso. Io ho parlato con alti funzionari pubblici che hanno votato per l’Nld e questo ha spiazzato il partito di governo, il partito dei militari, cioè il fatto che tra le stesse loro fila la gente chiedeva cambiamenti perché anche gli ex militari forse non ne potevano più di questo sistema corrotto, incapace di far crescere il Paese.








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