Ultimo appuntamento del Papa a Firenze è stata la Messa presieduta nello Stadio Comunale Luigi Franchi. Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia:
Mantenere contatto con la realtà della gente
Nel Vangelo di oggi Gesù pone ai suoi discepoli due
domande. La prima: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?» (Mt 16,13) è una domanda che dimostra quanto il cuore e lo
sguardo di Gesù sono aperti a tutti. A Gesù interessa quello che la gente pensa non
per accontentarla, ma per poter comunicare con essa. Senza sapere quello che pensa
la gente, il discepolo si isola e inizia a giudicare la gente secondo i propri pensieri
e le proprie convinzioni. Mantenere un sano contatto con la realtà, con ciò che la
gente vive, con le sue lacrime e le sue gioie, è l’unico modo di poterla aiutare,
di poterla formare e comunicare. È l’unico modo per parlare ai cuori delle persone
toccando la loro esperienza quotidiana: il lavoro, la famiglia, i problemi di salute,
il traffico, la scuola, i servizi sanitari e così via... E’ l’unico modo per aprire
il loro cuore all’ascolto di Dio. In realtà, quando Dio ha voluto parlare con noi
si è incarnato. I discepoli di Gesù non devono mai dimenticare da dove sono stati
scelti, cioè tra la gente, e non devono mai cadere nella tentazione di assumere atteggiamenti
distaccati, come se ciò che la gente pensa e vive non li riguardasse o non fosse per loro importante.
La Chiesa vive in mezzo alla gente
E questo vale anche per noi. E il fatto che oggi ci
siamo radunati a celebrare la Santa Messa in uno stadio sportivo ce lo ricorda. La
Chiesa, come Gesù, vive in mezzo alla gente e per la gente. Per questo la Chiesa,
in tutta la sua storia, ha sempre portato in sé la stessa domanda: chi è Gesù per gli uomini e le donne di oggi?
Conoscere Gesù, non una sua immagine distorta da ideologie
Anche il santo Papa Leone Magno, originario della
Toscana, di cui oggi celebriamo la memoria, portava nel suo cuore questa domanda,
quest’ansia apostolica che tutti potessero conoscere Gesù, e conoscerLo per quello
che è veramente, non una sua immagine distorta dalle filosofie o dalle ideologie del tempo.
Maturare una fede personale in Gesù
E per questo è necessario maturare una fede personale in Lui.
Ed ecco allora la seconda domanda che Gesù pone
ai discepoli: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15). Domanda che risuona ancora oggi alla coscienza di noi suoi discepoli,
ed è decisiva per la nostra identità e la nostra missione. Solo se riconosciamo Gesù
nella Sua verità, saremo in grado di guardare la verità della nostra condizione umana,
e potremo portare il nostro contributo alla piena
umanizzazione della società. Custodire e annunciare la retta fede in
Gesù Cristo è il cuore della nostra identità cristiana, perché nel riconoscere il mistero del Figlio di Dio fatto uomo noi potremo penetrare
nel mistero di Dio e nel mistero dell’uomo.
Ministero petrino è per custodire e proclamare la verità della fede
Alla domanda di Gesù risponde Simone: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (v. 16). Questa risposta racchiude tutta la missione di Pietro e riassume
ciò che diventerà per la Chiesa il ministero
petrino, cioè custodire e proclamare la verità
della fede; difendere e promuovere la comunione tra tutte le Chiese; conservare la
disciplina della Chiesa. Papa Leone è stato e rimane, in questa missione, un modello
esemplare, sia nei suoi luminosi insegnamenti, sia nei suoi gesti pieni della mitezza,
della compassione e della forza di Dio.
Andare controcorrente e superare l’opinione corrente
Anche oggi, cari fratelli e sorelle, la nostra gioia
è di condividere questa fede e di rispondere insieme al Signore Gesù: “Tu per noi sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. La nostra gioia è anche di andare controcorrente e di
superare l’opinione corrente, che, come allora,
non riesce a vedere in Gesù più che un profeta o un maestro. La nostra gioia è riconoscere
in Lui la presenza di Dio, l’inviato dal Padre, il Figlio venuto a farsi strumento
di salvezza per l’umanità. Questa professione di fede che Simon Pietro proclamò rimane
anche per noi. Essa non rappresenta solo il fondamento della nostra salvezza, ma anche
la strada
attraverso la quale essa si compie e il traguardo a cui tende.
Misericordia di Dio non si arrendere di fronte a miseria dell’uomo
Alla radice del mistero della salvezza sta infatti
la volontà di un Dio misericordioso, che non si vuole arrendere di fronte alla incomprensione,
alla colpa e alla miseria dell’uomo, ma si dona a lui fino a farsi Egli stesso uomo per incontrare
ogni persona nella sua condizione concreta. Questo amore misericordioso di Dio è ciò
che Simon Pietro riconosce sul volto di Gesù. Lo stesso volto che noi siamo chiamati
a riconoscere nelle forme in cui il Signore ci ha assicurato la sua presenza in mezzo
a noi: nella sua Parola, che illumina le oscurità della nostra mente e del nostro
cuore; nei suoi Sacramenti, che ci rigenerano a vita nuova da ogni nostra morte; nella
comunione fraterna, che lo Spirito Santo genera tra i suoi discepoli; nell’amore senza
confini, che si fa servizio generoso e premuroso verso tutti; nel povero, che ci ricorda
come Gesù abbia voluto che la sua suprema rivelazione di sé e del Padre avesse l'immagine
dell’umiliato crocifisso.
La Croce di Gesù scandalizza
Questa verità
della fede è verità
che scandalizza, perché chiede di credere in
Gesù, il quale, pur essendo Dio, si è svuotato, si è abbassato alla condizione di
servo, fino alla morte di croce, e per questo Dio lo ha fatto Signore dell’universo
(cfr Fil
2,6-11). È la verità che ancora oggi scandalizza chi non tollera il mistero di Dio
impresso sul volto di Cristo. È la verità che non possiamo sfiorare e abbracciare
senza, come dice san Paolo, entrare nel mistero di Gesù Cristo, e senza fare nostri i suoi stessi sentimenti (cfr Fil 2,5). Solo a partire
dal Cuore di Cristo possiamo capire, professare e vivere la Sua verità.
Comunione tra divino e umano
In realtà, la
comunione tra divino e umano, realizzata pienamente in Gesù, è la nostra meta, il punto d’arrivo della
storia umana secondo il disegno del Padre. È la beatitudine dell’incontro tra la nostra
debolezza e la Sua grandezza, tra la nostra piccolezza e la Sua misericordia che colmerà
ogni nostro limite. Ma tale meta non è soltanto l’orizzonte che illumina il nostro
cammino ma è ciò che ci attrae con la sua forza soave; è ciò che si inizia a pregustare
e a vivere qui e si costruisce giorno dopo giorno con ogni bene che seminiamo attorno
a noi. Sono questi i semi che contribuiscono a creare un’umanità nuova, rinnovata, dove nessuno
è lasciato ai margini o scartato; dove chi serve è il più grande; dove i piccoli e
i poveri sono accolti e aiutati.
Umanesimo con il volto della carità
Dio e l’uomo non sono due estremi di una opposizione: essi si cercano da sempre, perché Dio riconosce
nell’uomo la propria immagine e l’uomo si riconosce solo guardando Dio. Questa è la
vera sapienza, che il Libro del Siracide segnala come caratteristica di chi aderisce
alla sequela del Signore. E’ la sapienza di san Leone Magno, frutto del convergere
di vari elementi: parola, intelligenza, preghiera, insegnamento, memoria. Ma san Leone
ci ricorda anche che non può esserci vera sapienza se non nel legame a Cristo e nel
servizio alla Chiesa. È questa la strada su cui incrociamo l’umanità e possiamo incontrarla
con lo spirito del buon samaritano. Non per nulla l’umanesimo, di cui Firenze è stata testimone nei suoi momenti più
creativi, ha avuto sempre il volto della carità. Che questa eredità
sia feconda di un nuovo umanesimo per questa città e per l’Italia intera.
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