2015-11-07 15:52:00

Sindaco di Prato: Papa vedrà un "laboratorio" di integrazione


Lavoro e integrazione. Sono i due fattori che caratterizzano da sempre la comunità toscana di Prato, da decenni luogo di incontro, prima di emigranti italiani dalle zone più povere della campagna toscana, poi dal Sud Italia ed infine dalla Cina. L’azienda tessile locale, rappresenta infatti un fattore determinante per il dialogo tra diversi, che il Comune di Prato accompagna con un forte richiamo alla legalità e al rispetto delle leggi per la convivenza civile. Martedì prossimo, al mattino, Papa Francesco incontrerà sul sagrato della Cattedrale di Prato i rappresentanti della comunità ecclesiale, civile, imprenditoriale e operaia della città. Luca Collodi ne ha parlato con il sindaco di Prato, Matteo Biffoni:

R. – C’è una grande fibrillazione: si sente tanta emozione nell’aria, c’è tanta voglia di riavvicinarsi a un Santo Padre che, oggettivamente, significa qualcosa di particolare. C’è un affetto e una voglia di partecipare che io non avevo mai sentito nell’aria… Veramente è qualcosa di significativo.

D. – Prato rappresenta un laboratorio di accoglienza: penso alla comunità cinese…

R. – Noi siamo una città molto contemporanea: a Prato ci sono 124 etnie, tra queste una comunità cinese che, in proporzione, può essere paragonata a quella di metropoli come Parigi o Milano. Quindi, abbiamo dovuto necessariamente nel corso degli anni far sì che le nostre scuole, dove si ritrovano insieme bambini provenienti da tutti i continenti, funzionassero, così come i nostri posti di lavoro. E mons. Galantino – quando è venuto qui a Prato in vista della visita del Santo Padre – ce l’ha raccontato in maniera molto esplicita: il Santo Padre vede in Prato una chiave di lettura della società moderna, un laboratorio di accoglienza: una società che è complicata, difficile, faticosa – anzi, io non voglio nascondermi dietro un dito – la contemporaneità di questa città presenta delle grandi difficoltà, grandissime complessità, ma anche delle opportunità importanti.

D. – Sindaco Biffoni, l’opportunità del lavoro rafforza la possibilità di integrarsi…

R. – Non c’è dubbio: questo è il grande tema e su questo Papa Francesco è stato esplicito. Molte volte la dignità del lavoro, la dignità della persona, passa anche dalla possibilità di esprimersi attraverso l’attività lavorativa. Certo, lo sforzo che abbiamo fatto, e che facciamo tuttora, trova il suo massimo compimento – la sua radice più profonda – nel fatto di poter dare la possibilità a tutti di avere un posto di lavoro. È fondamentale per far sì che ci sia anche una fluidità maggiore nelle relazioni sociali: su questo non c’è dubbio.

D. – Come procede l’integrazione tra i cittadini di Prato e la comunità cinese?

R. – Nel corso degli anni, abbiamo provato a chiarire un punto. In particolare, ho cercato di essere molto esplicito sul fatto che chi non rispetta le regole deve essere sanzionato, colpito, perché non può funzionare in questo modo e non ci deve essere nessun tipo di sconto. Allo stesso tempo, chi decide di scommettere per il proprio futuro qui – perché decide che Prato è il suo futuro, il suo percorso e quello della sua famiglia – deve essere accompagnato in questo percorso. E allora, nel corso del tempo abbiamo provato in maniera piuttosto esplicita ad avere relazioni, a cercare punti di incontro, di relazione e di contatto tra le famiglie cinesi, i cui figli sono arrivati qualche anno fa e ora frequentano le nostre scuole, e i cittadini che lavorano negli stessi ambienti. La scommessa più forte che stiamo facendo riguarda il sistema scolastico: Prato è stata presa anche a livello nazionale perché ha costruito una rete di relazioni e di rapporti che in questo momento ci permettono di tenere insieme, salda, la capacità di far interagire i bambini di origine cinese – e quindi le loro famiglie – con il resto della comunità.

D. – Sindaco Biffoni, la crisi che ha colpito il lavoro, ha creato problemi al percorso di integrazione?

R. – Certamente, su questo non c’è dubbio. Diciamo che i cinesi, quando sono arrivati a Prato – nel prodotto tipico pratese – non hanno interferito in maniera immediata, perché loro tendevano più a fare pronto moda, mentre Prato faceva semi-lavorati, tessuti, filati. Però, resta il fatto che nel momento in cui il sistema Prato – la città a un certo punto era tra le più ricche di Italia – si è inceppato come può capitare, si è data la responsabilità all’immigrazione. Nel contempo, bisogna anche essere franchi tra di noi: c’è stato un periodo, e anche adesso il problema non è risolto, di elusione, di evasione delle norme relative alla fiscalità generale e anche al rispetto dei diritti del lavoro che hanno caratterizzato – purtroppo, lo dico in maniera dolorosa – l’imprenditoria  cinese. Non tutti – non è giusto generalizzare – però era un tratto piuttosto marcato da questo punto di vista. Questa situazione, che si era presentata nel corso degli anni, aveva creato indubbiamente una tensione forte a livello sociale.

D. – Da Prato, il Papa, cosa porterà a Roma?

R. – Credo l’esperienza di una comunità – una città di 200 mila abitanti – che nel corso del tempo ha fatto dell’accoglienza, con tutte le difficoltà, un suo tratto distintivo. Eravamo pochissimi, poche decine di migliaia dopo la Seconda Guerra mondiale. A Prato, sono arrivate le persone che vivevano nella Toscana più povera. Poi, è arrivato un importante numero di persone dal Sud Italia per cercare lavoro. E poi è arrivato il mondo: 124 etnie. La gente veniva qui per avere un futuro migliore. Tutto questo certo con limiti, contraddizioni, errori, ritardi, però questa città – questa comunità – ha saputo affrontare la sfida attraverso uno strumento fondamentale che è, come dicevamo prima, il lavoro. Questi due temi – il lavoro e l’integrazione, l’immigrazione – sono temi che Papa Francesco ha sviluppato in maniera radicata e pregnante. Io credo che tutto questo  possa qui trovare un punto di esplicitazione e di incontro vero.








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